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2009 dal 5 al 12 Aprile

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dai GIORNALI di OGGI

Fiat-Opel: lunedì Marchionne

in Germania per colloqui

Dinamismo della casa torinese dopo l'accordo con Chrysler. Incontri con ministri Esteri ed Economia

Secondo gli organi d'informazione tedeschi.

Berlino conferma

Fiat-Chrysler ACCORDO FATTO

Ultimo sì alle nozze Fiat-Chrysler

Via libera delle banche.

Il 55% andrebbe ai dipendenti.

La mossa su Opel

2009-04-29

Ingegneria Impianti Industriali

Elettrici Antinvendio

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DG

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Dalessandro Giacomo

SUPPORTO ENGINEERING-ONLINE

 

L'ARGOMENTO DI OGGI

 

Dal sito di Repubblica

CORRIERE della SERA

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http://www.corriere.it

2009-05-03

Montezemolo: "E adesso Opel,

partner ideale di una grande Fiat"

Il presidente: con Chrysler occasione irripetibile ma sappiamo che ora inizia il lavoro duro

Luca Cordero di Montezemolo e Sergio Marchionne

Luca Cordero di Montezemolo e Sergio Marchionne

MILANO - E adesso Berlino? "Sarebbe la chiusura del cerchio". Molto oltre non vuole andare, Luca Cordero di Montezemolo. Il dossier è aperto, Sergio Marchionne è al lavoro, è l'amministratore delegato che dopo aver convinto Barack Obama su Chrysler ora tenta il raddoppio con Angela Merkel su Opel. E in Germania le barricate sono già state alzate, la Fiat un pò di paura - anche - la fa, dunque "lasciamo che Sergio si muova come sa". Ovviamente però conferma, il presidente del Lingotto, che la casa tedesca "sarebbe per noi una straordinaria opportunità, sarebbero i nostri partner ideali, nascerebbe un gruppo molto forte".

Neanche il tempo di festeggiare Detroit, avvocato? Non è un pò troppo?

"È una necessità. Guardate: in Fiat noi, tutti, proviamo orgoglio e soddisfazione per l'operazione Chrysler e per le parole del presidente degli Stati Uniti. A me, come presidente del Lingotto, lasci aggiungere l'enorme gratitudine per un management che ha sempre mantenuto le promesse fatte, si trattasse di risultati o di strategie. Però il nostro primo sentimento è l'umiltà. Umiltà e una grande determinazione. Da un mese, da quando Obama ha parlato per la prima volta di noi, siamo sotto la lente del mondo. Lo sappiamo e sappiamo soprattutto che è un'impresa molto difficile, da far tremare i polsi. L'affrontiamo con entusiasmo, ma raddoppiando impegno e lavoro per rafforzare Fiat e risanare Chrysler. È un'occasione irripetibile, ma il lavoro duro inizia adesso".

Avrete brindato, però. Sei anni fa la Fiat andava con il cappello in mano ad Arcore, Paolo Fresco e Gabriele Galateri costretti all'umiliazione. Oggi vi chiama la Casa Bianca. A salvare l'auto americana. "Dico sempre che bisogna guardare avanti. Però sì, qualche volta è giusto anche ricordare da dove si è partiti. E io ricordo molto bene i primi giorni a Torino. Il giovedì mattina ero diventato presidente di Confindustria, la sera morì Umberto Agnelli. Sergio e io ci siamo conosciuti grazie a lui: era stato lui a volerci in consiglio. E il giorno dopo il suo funerale ci siamo ritrovati Sergio a gestire l'azienda, io alla presidenza. Sui giornali del mondo la Fiat era data per fallita".

In effetti lo era.

"Le prime notti non ci abbiamo dormito".

E oggi? L'ha detto lei: già Chrysler fa tremare i polsi...

"Ma oggi partiamo dal lavoro enorme fatto dal management. È con questo che ci siamo creati un punto fondamentale che, se vuole, è il nostro plus: la credibilità. Ed è la credibilità che ha fatto sì che il presidente Obama dicesse di noi quel che ha detto".

È anche però, forse non a caso, un'operazione fatta fuori dal capitalismo di relazione o dei salotti.

"Ma è un'operazione-Paese. Ed è, credo, un orgoglio anche per l'Italia e la sua industria. Gli uomini e le donne della Fiat in questi anni hanno lavorato tornando a occuparsi di auto, fuori dalle stanze della politica. È così che siamo tornati a essere un pò un "ritratto di famiglia" dell'impresa italiana: impresa familiare, privata, grande o piccola non importa, che va per il mondo, raccoglie le sfide, si mette in gioco con i propri prodotti e nient'altro. Al di là dei discorsi sul primo o sul quarto capitalismo, è questa l'Italia delle mille eccellenze. Il manifatturiero è uno dei suoi pilastri, e l'orgoglio è anche una Fiat che traina, con sé, un intero sistema industriale grazie al lavoro duro, di squadra, di tutti: da Sergio Marchionne all'ultimo operaio".

Gli operai, oggi, in America li avrete come soci. Insieme a due governi. Un inedito rapporto pubblico-privato: si potrebbe replicare, in Italia?

"Sono due Paesi, due culture, due situazioni totalmente diverse. Io ho sempre sostenuto la necessità di un forte coinvolgimento dei dipendenti nei risultati delle aziende. Ma la proprietà è un'altra cosa".

Vale anche per eventuali soci pubblici?

"Ho detto prima che il risanamento è stato possibile grazie al gioco di squadra. Nel quale metto le banche, senza il cui appoggio non ce l'avremmo fatta. Ci metto, oggi, gli incentivi al settore che il governo italiano, come tutti gli altri, ha varato per contrastare una crisi mondiale senza precedenti. Ma il punto fermo resta uno: l'aver sentito sempre gli azionisti, prima Ifi-Ifil con Gianluigi Gabetti e ora Exor con John Elkann, dietro di noi. Hanno rischiato, ci hanno creduto e continuano a crederci".

Dicono però che una parte della famiglia Agnelli sia, ora, preoccupata: giusto orgoglio, ma timori per il peso che sta assumendo l'auto. Che patisce la crisi meno di altri, sì, però i debiti sono 6 miliardi e gli unici utili si vedono da Ferrari e Maserati.

"Intanto, Fiat non è solo auto. È camion, trattori, altro ancora. Dopodiché: se guardo agli ultimi due mesi, stiamo reagendo bene alla crisi. In marzo siamo diventati il terzo gruppo più venduto in Germania, e non era mai accaduto. Siamo cresciuti molto in altri Paesi, come la Francia, e abbiamo superato il 9% di quota in Europa. Sulle alleanze, il nostro è un disegno con obiettivi a medio termine. Azionisti preoccupati, dice? Io ho visto grande soddisfazione e grande appoggio. È chiaro che ogni volta che fai un'operazione importante assumi dei rischi. Ma è cambiato tutto, nel mondo. La Fiat da sola forse poteva sopravvivere, certo non essere protagonista. Aver anticipato il cambiamento, aver dato il via ai giochi che comunque scompagineranno gli assetti dell'auto mondiale avrà effetti positivi. Con Chrysler oggi. E con qualcos'altro, spero, nei prossimi mesi".

Se non andasse Opel? Potrebbero essere le attività sudamericane di Gm? O un ritorno su Peugeot? E comunque: si aspettava lo sbarramento tedesco?

"Piano, lasciamo lavorare Sergio. Quel che posso dire è che noi perseguiamo coerentemente una strategia. E poi vediamo. Sappiamo quali sono le nostre carte: ce le giocheremo".

Che cosa direbbe Giovanni Agnelli del tutto e di Chrysler?

"Lui raccontava sempre che quando il nonno, il fondatore, mandò i primi tecnici negli Usa la raccomandazione fu: non cambiate niente, copiate e basta...".

Ora saranno loro a copiare noi, quindi...

"Quindi gli Usa, che sono sempre stati il link dell'Avvocato, sarebbero oggi per lui il sogno che si avvera. L'accordo Chrysler ci apre per la prima volta il più grande mercato di consumo del mondo. Perfetto, spero, per i prodotti che abbiamo: abbiamo lavorato su tecnologia e motori "puliti", ma non abbiamo trascurato il design. Un'auto come la 500 può essere un'icona anche negli Usa".

Con la squadra come farete? Snella e vincente: ma ora basterà?

"Panchina corta, vuol dire? Sappiamo valore e potenzialità di tante persone che ancora non vedete in campo: ne abbiamo molte, pronte ad assumersi responsabilità di primo piano".

Nell'euforia del momento storico abbiamo tutti un pò perso di vista le difficoltà qui. La crisi è tutt'altro che passata, la cassa integrazione c'è ancora, il sindacato chiede garanzie per gli stabilimenti italiani.

"Senza scivolare nel romanticismo, ricordo che Fiat sta per Fabbrica Italiana Automobili Torino. Nemmeno per un secondo abbandoneremo l'impegno verso Torino, l'Italia, i nostri dipendenti. Non siamo diventati americani: il contrario. Bisogna però riconoscere la realtà del momento. Ci sono nodi strutturali che, anche a causa della caduta della domanda, dobbiamo affrontare in modo responsabile insieme al governo e ai sindacati. Poi, non dimentichiamo l'Europa: la Ue si giocherebbe la propria credibilità se assecondasse nazionalismi superati quando, in palio, c'è il futuro di un settore fondamentale come l'auto".

Pensa anche lei che, comunque, il peggio della crisi l'abbiamo già visto, che il fondo sia già stato toccato?

"Sarei molto prudente: rischiamo di alimentare facili ottimismi. Credo che sia rallentata la velocità della discesa, che i primi segnali di risalita ci siano. Ma dobbiamo fare ancora molta attenzione".

L'Italia ha fatto quel che doveva?

"Ci sono questioni che, mi rendo conto, è più facile affrontare dalla tribuna che non dal campo. Ma restano nodi che sono il frutto di decenni di non scelte: il taglio delle spese improduttive, la burocrazia, le pensioni, la sanità. E dobbiamo stare più che mai attenti a che non aumentino i tanti divari. Ricchi e poveri. Nord e Sud. Sarebbe bello se dalle imprese l'intero Paese imparasse il gusto del cambiamento e la voglia di anticiparlo".

Curiosità: con Marchionne, nei giorni caldi di Washington, anche lei parlava via sms?

"Sì. Ma io usavo dieci parole, lui mi rispondeva con una. Io mi firmo Luca, lui "S.". Lo stile di uno che per portarci Chrysler non ha dormito per un mese".

L'ha convinto a farsi almeno questo weekend?

"Ci ho rinunciato: sono partite perse".

Raffaella Polato

03 maggio 2009

 

 

2009-05-02

Secondo gli organi d'informazione tedeschi. Berlino conferma

Fiat-Opel: lunedì Marchionne

in Germania per colloqui

Dinamismo della casa torinese dopo l'accordo con Chrysler. Incontri con ministri Esteri ed Economia

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Fiat diventa un caso a Bruxelles. Anche il governo contro il commissario Verheugen (24 aprile 2009)

Sergio Marchionne (Lapresse)

Sergio Marchionne (Lapresse)

BERLINO - Dopo l'accordo con la Chrysler, non si fermano gli obiettivi della Fiat. Secondo alcuni organi d'informazione tedeschi, in particolare Süddeutsche Zeitung e Focus, l'amministratore delegato della casa torinese, Sergio Marchionne, sarà lunedì a Berlino per parlare con il governo tedesco della questione Opel.

CONFERMA - Il manager Fiat discuterà dell’ipotesi acquisizione Opel con il ministro degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier, e con il titolare dell’Economia, Karl-Theodor Guttenberg. I rispettivi portavoce dei ministri hanno in seguito confermato l'indiscrezione di stampa. Nei giorni scorsi Steinmeier aveva espresso in più occasioni le sue perplessità sul piano del Lingotto, mentre il ministro dell’Economia si era mostrato più cauto. In un’intervista al settimanale Der Spiegel, Guttemberg aveva detto che "il governo tedesco esaminerà molto attentamente il piano della Fiat", in particolare in relazione al numero di stabilimenti e posti di lavoro che verranno garantiti in Germania. In corsa per rilevare l’azienda tedesca, trascinata in crisi dalla casa-madre General Motors, c’è anche l'austro-canadese Magna.

MARCEGAGLIA: SISTEMA PIU' FORTE - L'operazione della Fiat sulla Chrysler darà più forza a tutto il sistema imprenditoriale italiano, alle piccole e medie imprese. Ne è convinta Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, intervistata dal TG1. "Per la Fiat e per tutte le molte imprese del settore dell'auto e della meccanica italiana - ha detto - questa operazione permetterà di rendere la propria posizione sul mercato americano più forte grazie alle proprie tecnologie e alla propria capacità del fare. E, quindi, è un po' l'idea che anche in momenti di crisi come questo - ha aggiunto il presidente di Confindustria - si può continuare a crescere. Io spero che operazioni come queste possano rendere tutti noi più forti quando la ripresa arriverà".

02 maggio 2009

 

 

 

 

 

Secondo gli organi d'informazione tedeschi. Berlino conferma

Fiat-Opel: lunedì Marchionne

in Germania per colloqui

Dinamismo della casa torinese dopo l'accordo con Chrysler. Incontri con ministri Esteri ed Economia

BERLINO - Dopo l'accordo con la Chrysler, non si fermano gli obiettivi della Fiat. Secondo alcuni organi d'informazione tedeschi, in particolare Süddeutsche Zeitung e Focus, l'amministratore delegato della casa torinese, Sergio Marchionne, sarà lunedì a Berlino per parlare con il governo tedesco della questione Opel.

CONFERMA - Il manager Fiat discuterà dell’ipotesi acquisizione Opel con il ministro degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier, e con il titolare dell’Economia, Karl-Theodor Guttenberg. I rispettivi portavoce dei ministri hanno in seguito confermato l'indiscrezione di stampa. Nei giorni scorsi Steinmeier aveva espresso in più occasioni le sue perplessità sul piano del Lingotto, mentre il ministro dell’Economia si era mostrato più cauto. In un’intervista al settimanale Der Spiegel, Guttemberg aveva detto che "il governo tedesco esaminerà molto attentamente il piano della Fiat", in particolare in relazione al numero di stabilimenti e posti di lavoro che verranno garantiti in Germania. In corsa per rilevare l’azienda tedesca, trascinata in crisi dalla casa-madre General Motors, c’è anche l'austro-canadese Magna.

02 maggio 2009

 

 

 

 

 

2009-05-01

la casa usa chiede bancarotta pilotata. Alla Fiat il 20%. Berlusconi: Italia sia orgogliosa

Fiat-Chrysler, accordo fatto

Obama: "Unica via d'uscita"

Come anticipato dal Corriere della Sera: firma raggiunta. Marchionne: "Arriveremo al 51% nel 2013"

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Ultimo sì alle nozze Fiat-Chrysler (29 aprile 2009)

Raggiunto l'accordo Fiat-Chrysler (Photomasi)

Raggiunto l'accordo Fiat-Chrysler (Photomasi)

MILANO - L'accordo è stato raggiunto. Fiat e Chrysler hanno trovato l'intesa a lungo inseguita negli ultimi mesi. Come anticipato nella tarda mattinata di mercoledì dal Corriere della Sera, il presidente Usa Barack Obama alle 18 ora italiana ha annunciato la firma dell'accordo tra le due case automoblistiche. "Sono lieto di annunciare che Chrysler e Fiat hanno raggiunto un accordo di partnership" ha detto Obama. "Con questa alleanza Chrysler avrà forti chance di successo per un brillante futuro. Oggi sono stati fatti i passi necessari per ridare a Chrysler una nuova vita: Fiat è l'unica possibilità di salvezza". "Fiat ha già trasferito la nuova tecnologia a Chryler" ha poi aggiunto. Il presidente Usa ha anche invitato i consumatori a comprare americano: "Abbiamo fatto grandi progressi. Chrysler e Gm ce la faranno".

BERLUSCONI: ORGOGLIO ITALIA - Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, "esprime grande soddisfazione per l'accordo, che rappresenta un'ulteriore testimonianza delle forti relazioni economiche e commerciali tra Italia e Stati Uniti ed è una dimostrazione tangibile dell'impegno comune dei due Paesi nel fronteggiare l'attuale difficile congiuntura economica internazionale". È quanto si legge in una nota di Palazzo Chigi. "L'accordo rappresenta anche una conferma delle capacità industriali e di innovazione tecnologica raggiunte dalla Fiat, di cui l'Italia può essere giustamente orgogliosa".

Sergio Marchionne (Ap)

Sergio Marchionne (Ap)

MARCHIONNE - "È un momento storico per il Gruppo Fiat e per l'industria italiana. Quest'operazione rappresenta una soluzione costruttiva e importante ai problemi che da alcuni anni affliggono non soltanto Chrysler ma l'intera industria automobilistica mondiale". Così l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, commenta l'accordo raggiunto con la casa automobilistica di Detroit. "L'alleanza - continua Marchionne - permetterà di mettere insieme la tecnologia Fiat, che è tra le più innovative e avanzate al mondo, le sue piattaforme e i suoi propulsori per vetture piccole e medie nonchè la sua vasta rete di distribuzione in America Latina e in Europa con il grande patrimonio della Chrysler, che ha una forte presenza in Nord America e lavoratori pieni di talento e di impegno". L'alleanza strategica globale tra Fiat e Chrysler avverrà "tramite la cessione accelerata di sostanzialmente tutti i beni di Chrysler a una Newco", che al closing dell'operazione assegnerà a Fiat una quota pari al 20%. Così una nota del gruppo Fiat, che precisa che la casa italiana potrà ottenere un'ulteriore partecipazione del 15% e ha l'opzione di acquistare un ulteriore 16% (esercitabile dal primo gennaio 2013 al 30 giugno 2016). "Insieme ai nostri nuovi partner della Chrysler lavoreremo per valorizzare l'enorme potenziale di quest'alleanza - ha detto Marchionne - e per reintrodurre sul mercato nordamericano alcuni dei nostri marchi più famosi, inclusa l'Alfa Romeo e la Cinquecento, che ha vinto numerosi premi".

LA DECISIONE - Nei dettagli la casa automoblistica americana farà ricorso a una "bancarotta chirurgica che durerà fra i 30 e i 60 giorni" ha spiegato il presidente Obama. " La bancarotta di Chrysler sarà veloce ed efficiente, non era la soluzione preferita", ma la mancanza di un accordo con i piccoli creditori l'ha resa necessaria. "Il United Auto Worker (Uaw) e le grandi banche hanno accettato molti sacrifici. Nonostante questo non siamo stati in grado di raggiungere un accordo" con tutti i creditori, ha spiegato Barack Obama che poi ha elogiato l'atteggiamento avuto dai sindacati e dai lavoratori "che hanno fatto enormi sacrifici". La bancarotta sarà "rapida" e la richiesta per l'accesso sarà presentata a New York, ha aggiunto. Il governo americano fornirà a Chrysler finanziamenti per 3-3,5 miliardi di dollari durante la bancarotta. Il governo americano non prevede ulteriori tagli all'occupazione oltre a quelli già annunciati nè la chiusura immediata di altri impianti Chrysler. Il presidente Usa ha poi spiegato che Gmac ha accettato di finanziare le nuove vendite di Chrysler.

PIAZZA AFFARI, SCAMBI RECORD - Seduta nera a Piazza Affari per Fiat, trascorsa in attesa dell'annuncio di Obama sulla firma dell'accordo. Il titolo del Lingotto, partito al ribasso già in controtendenza rispetto agli indici, ha dapprima spinto l'acceleratore al rialzo appena trapelate le prime indiscrezioni sulla conclusione dell'accordo, arrivando per pochi secondi in territorio positivo (8,12 euro per azione il picco massimo), poi è tornato a calare, toccando il minimo dopo la diffusione della notizia della richiesta di bancarotta pilotata da parte del gruppo automobilistico di Detroit. Da record gli scambi: sono oltre 93 milioni i pezzi passati di mano durante la seduta, pari a circa l'8,5% del capitale. Alla fine il titolo ha archiviato un ribasso del 5,94% a quota 7,515 euro, molto vicino ai minimi della seduta (7,46 euro). La performance del Lingotto resta comunque positiva nell'ultimo mese (+50%), così come a distanza di sei mesi.

30 aprile 2009(ultima modifica: 01 maggio 2009)

 

 

 

 

 

 

E sul gradimento riservatogli nei sondaggi: "Sono al 75%, i mio è un record assoluto"

Chrysler-Fiat, Berlusconi: "Bene,

è una spinta per uscire dalla crisi"

Il presidente del Consiglio: "Con l'amministrazione Obama abbiamo relazioni molto strette ormai da tempo"

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (Reuters)

Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi (Reuters)

MILANO - Per il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, l'accordo tra Fiat e Chrysler è "un fatto assolutamente positivo che dà una spinta anche per uscire dalla crisi". E quindi "direi che come sempre dobbiamo cercare di essere più fiduciosi e avere un sano ottimismo".

LE RELAZIONI ITALIA-USA - Il premier, che ha partecipato ad un concerto diretto da Riccardo Muti al teatro San Carlo di Napoli, è dunque tornato su uno dei suoi cavalli di battaglia, la fiducia nel futuro appunto. Perché senza quello che ha definito "un sano ottimismo, ha sottolineato, "non si combina nulla di buono". Alla domanda se l'intesa raggiunta tra le due case automobilistiche, in cui la Casa Bianca ha avuto un ruolo attivo, fosse un buon inizio anche nelle relazioni con l'amministrazione Obama, il premier ha risposto: "beh, no, con l'amministrazione Obama abbiamo relazioni ormai da tempo anche molto strette e una bella collaborazione".

"RECORD DI CONSENSO" - Berlusconi si è anche compiaciuto dei risultati dei sondaggi sulla sua popolarità. "Sono al 75,1%. Lo dicono i sondaggi che però sono fatti da altri e non vengono pubblicati con piacere in giro" ha detto il leader del Pdl, facendo notare che nessun leader internazionale raggiunge un livello così alti di consensi: "I sondaggi che conosco io dicono che Obama è al 59%. Solo Lula è sopra il 60%. Quindi il mio è un record assoluto".

01 maggio 2009

 

 

 

 

 

FIAT-CHRYSLER /1

Scommessa sul futuro

di Massimo Gaggi

Ora c'è l'accordo, col timbro della Casa Bianca: l'America di Oba­ma punta le sue carte su Fiat non solo per salvare Chrysler dal fallimento, ma per renderla — col de­sign italiano e la nostra tec­nologia di risparmio ener­getico — il simbolo della riscossa dell'industria ma­nifatturiera Usa. Un gran­de successo per il gruppo torinese, ma anche una sfi­da straordinaria. Anzi, una serie di sfide. In mezzo al­le quali Sergio Marchion­ne, col suo Dna di scom­mettitore, sembra trovarsi assai bene.

La prima, ovviamente, è quella di pilotare a tempo di record l'azienda ameri­cana, che da oggi "conge­la " i suoi stabilimenti, fuo­ri dalla procedura di ban­carotta. Avviando, contem­poraneamente, la sua inte­grazione col gruppo italia­no. Gli scettici ricordano che, per uscire dal "Chap­ter 11", normalmente ci vo­gliono almeno 12 mesi. Ma questi non sono tempi normali: i protagonisti dell'accordo puntano su un numero "magico", 363. È la sezione del Codi­ce americano che consen­te al Tribunale di vendere con procedura abbreviata (e senza bisogno del con­senso unanime dei credito­ri) i beni principali della Chrysler alla nuova società partecipata dalla Fiat.

La scommessa delle aziende — ma anche quella di Obama, che ha messo esplicitamente tutto il suo peso dietro l'operazione — è di chiudere questa delicatissima fase a tempo di record: 60 giorni al massimo. Poi la nuova Chrysler "italiana" dovrà bruciare le tappe per mettere sul mercato Usa i nuovi modelli e conquistare una significativa fetta del mercato, invertendo il trend declinante registrato dall'azienda Usa negli ultimi anni.

Non è una scommessa facile, ma è anche una irripetibile occasione — arricchita dall'ipotesi di integrazione anche con le attività europee di GM (Opel) — di scompaginare l'assetto del mer­cato mondiale dell'auto, trovan­do lo spazio per un nuovo prota­gonista capace di produrre 5­6 milioni di veicoli l'anno. Obama si espone molto, accetta un ri­schio molto elevato, dimostran­do grande fiducia in un'azienda italiana, nella sua tecnologia e in un manager che gioca sulla sua immagine di "pokerista", ma che alla Casa Bianca è soprattut­to percepito come un grande agente di cambiamento; uno che rischia, ma con un progetto chia­ro in mente.

Quella annunciata ieri è un’operazione industriale, ma per il presidente Usa il significa­to di Chrysler-Fiat va ben oltre l'auto. Già ieri è diventata il terre­no per un "regolamento di con­ti " con la parte di Wall Street che Obama considera maggior­mente responsabile del disastro finanziario: "hedge fund" e ban­che d'affari che mantengono una mentalità pre crisi e restano ostili a ogni intervento del gover­no federale in economia, sia es­so congiunturale o strutturale. Domani su aziende come Chry­sler- Fiat si giocherà addirittura il destino di un pezzo del siste­ma sanitario Usa, visto che la possibilità di continuare a finan­ziare cure mediche con meccani­smi di mercato dipenderà anche dai margini di profitto che grup­pi come questo riusciranno a re­alizzare.

01 maggio 2009

 

 

 

FIAT-CHRYSLER /2

L’orgoglio di Torino

di Raffaella Polato

Il giorno dell'orgoglio. E della sfida. Quella però comincerà doma­ni: oggi Torino tiene il solito profilo basso, lo sa che il merito è tutto di Ser­gio Marchionne, ma intan­to che serata. Quattro anni fa il Lingotto era dato per spacciato. La Fiat era la pre­da di cui spartirsi le spo­glie. L'auto italiana poca co­sa, la sua tecnologia snob­bata. Ora tenta la conqui­sta dell'America. Chiamata a salvare l'auto nel Paese che l'auto l'ha inventata. La città che pensava di sparire dalla mappa mondiale del potere motoristico scopre che ora ne è, e potrà esser­lo anche passata l'euforia della diretta sulla Cnn, una delle capitali. Forte pro­prio di quello che si diceva fosse il suo lato debole: le piccole vetture con cui, pa­role di Barack Obama, "ha dimostrato di saper costrui­re l'auto pulita del futuro". Grazie a Marchionne, sì, il manager "non convenzio­nale " che quattro anni fa l'ha portata oltre il baratro. Ma grazie, insieme, a quel­la tecnologia (tutta italia­na) che lui ha ritirato fuori e però c'è sempre stata. Ce n'eravamo dimenticati. Ci eravamo scordati che sia­mo un Paese fondato sul­l’industria. La piccola e la media, la nostra ossatura. E la grande. Quella che può fare ricerca. Che fa da trai­no. Che muove tutto un si­stema.

Fiat è rimasta una delle poche. Oggi che sbarca ne­gli Usa, quasi invocata dal loro Presidente, l'orgoglio è giusto ed è di tutti. Anche se fino all'altro ieri proprio da dentro l'industria parti­vano insensate contrapposi­zioni piccoli-grandi, gli in­centivi al settore — peral­tro molto, molto più bassi di quanto nel frattempo ar­rivava nel resto d'Europa e negli stessi Usa — scambia­ti per "aiuti alla solita Fiat". La risposta di Marchion­ne è stata Chrysler. Lo sareb­be stata comunque. Il Lin­gotto che lui ha risanato, con il riconosciuto, deter­minante appoggio delle banche (e i risultati dimo­strano quanto possa fare l'Italia quando si muove co­me sistema-Paese), da solo avrebbe magari potuto so­pravvivere ma di sicuro non prosperare nel mondo dell'auto dopo la grande cri­si. Come dice lui: Chrysler ­e domani, chissà, Opel o chi per essa — "è una ne­cessità ". Come dice l'azionista, John Elkann: "Meglio, nel caso, una quota minore in una Fiat più grande ma for­te ". Che poi alla fine è quan­to sostenevano il nonno, l'Avvocato, e soprattutto lo zio Umberto Agnelli. E qui però finisce l'orgoglio e co­mincia la sfida. Subito. Adesso. Marchionne ha dimostra­to una volta che "si può fa­re ". Ora la scommessa è più che moltiplicata. Non sarà uno scherzo rivoltare Chrysler, integrare due (per ora) aziende, rimpolpare quella squadra snella che con lui ha firmato il succes­so Fiat ma che a questo pun­to lo sarà un po' troppo, snella. Non tutti, nemmeno lui, possono reggere più di tan­to il pendolarismo Lingot­to- Auburn Hills. O forse sì?

01 maggio 2009

 

 

2009-04-30

l'annunCio ufficiale di obama. la casa usa chiede bancarotta pilotata

Fiat-Chrysler,l'annuncio

della Casa Bianca: c'è l'accordo

Come anticipato dal Corriere della Sera le ultime difficoltà sono state superate: firma raggiunta

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NOTIZIE CORRELATE

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Ultimo sì alle nozze Fiat-Chrysler (29 aprile 2009)

Raggiunto l'accordo Fiat-Chrysler (Photomasi)

Raggiunto l'accordo Fiat-Chrysler (Photomasi)

MILANO - L'accordo è stato raggiunto. Fiat e Chrysler hanno trovato l'intesa a lungo inseguita negli ultimi mesi. Come anticipato nella tarda mattinata di mercoledì dal Corriere della Sera, il presidente Usa Barack Obama alle 18 ora italiana ha annunciato la firma dell'accordo tra le due case automoblistiche. "Sono lieto di annunciare che Chrysler e Fiat hanno raggiunto un accordo di partnership" ha detto Obama. "Con questa alleanza Chrysler avrà forti chance di successo per un brillante futuro. Oggi sono stati fatti i passi necessari per ridare a Chrysler una nuova vita: Fiat è l'unica possibilità di salvezza". "Fiat ha già trasferito la nuova tecnologia a Chryler" ha poi aggiunto. Il presidente Usa ha anche invitato i consumatori a comprare americano: "Abbiamo fatto grandi progressi. Chrysler e Gm ce la faranno". Per l'amministratore delegato di Chrysler, Robert Nardelli la partnership con Fiat "trasformerà Chrysler in una società vibrante".

 

LA DECISIONE - Nei dettagli la casa automoblistica americana farà ricorso a una "bancarotta chirurgica che durerà fra i 30 e i 60 giorni" ha spiegato Obama. " La bancarotta di Chrysler sarà veloce ed efficiente, non era la soluzione preferita", ma la mancanza di un accordo con i piccoli creditori l'ha resa necessaria. "Il United Auto Worker (Uaw) e le grandi banche hanno accettato molti sacrifici. Nonostante questo non siamo stati in grado di raggiungere un accordo" con tutti i creditori, ha spiegato Barack Obama che poi ha elogiato l'atteggiamento avuto dai sindacati e dai lavoratori "che hanno fatto enormi sacrifici". La bancarotta sarà "rapida" e la richiesta per l'accesso sarà presentata a New York, ha aggiunto. Il governo americano fornirà a Chrysler finanziamenti per 3-3,5 miliardi di dollari durante la bancarotta. Il governo americano non prevede ulteriori tagli all'occupazione oltre a quelli già annunciati nè la chiusura immediata di altri impianti Chrysler. Il presidente Usa ha poi spiegato che Gmac ha accettato di finanziare le nuove vendite di Chrysler.

PIAZZA AFFARI, SCAMBI RECORD - Seduta nera a Piazza Affari per Fiat, trascorsa in attesa dell'annuncio di Obama sulla firma dell'accordo. Il titolo del Lingotto, partito al ribasso già in controtendenza rispetto agli indici, ha dapprima spinto l'acceleratore al rialzo appena trapelate le prime indiscrezioni sulla conclusione dell'accordo, arrivando per pochi secondi in territorio positivo (8,12 euro per azione il picco massimo), poi è tornato a calare, toccando il minimo dopo la diffusione della notizia della richiesta di bancarotta pilotata da parte del gruppo automobilistico di Detroit. Da record gli scambi: sono oltre 93 milioni i pezzi passati di mano durante la seduta, pari a circa l'8,5% del capitale. Alla fine il titolo ha archiviato un ribasso del 5,94% a quota 7,515 euro, molto vicino ai minimi della seduta (7,46 euro). La performance del Lingotto resta comunque positiva nell'ultimo mese (+50%), così come a distanza di sei mesi.

30 aprile 2009

 

 

 

 

 

 

 

2009-04-29

Fiat-Chrysler, Obama: "L'accordo?

Non sappiamo se si farà. Speriamo"

I vertici della casa Usa: "Trattative proseguono". Lingotto, fondi Ue in arrivo per Termini Imerese

NEW YORK - "Non sappiamo ancora se il l'accordo si farà. Penso che potremmo farcela, ma c'è ancora del lavoro da fare". Sono le parole del presidente americano, Barack Obama, ha pronunciato a St. Louis nel discorso tenuto in occasione dei suoi primi 100 da giorni alla Casa Bianca. Obama ha sottolineato di sperare nell'intesa, in quanto potrebbe aiutare la casa automobilistica americana a produrre vetture più ecologiche e competere così sul mercato con prodotti più appetibili. "Uno dei potenziali vantaggi di questa fusione è rappresentato nelle tecnologie con le quali Chrysler potrebbe iniziare a produrre auto pulite - ha detto il presidente - in grado di andare incontro alle necessità future del mercato".

OBAMA: CREDITORI FACCIANO SACRIFICI - I sindacati hanno fatto "enormi sacrifici" per andare incontro alle esigenze di Chrysler e ora sta ai creditori fare lo stesso, ha detto ancora il presidente americano. Il Tesoro americano e le quattro grandi banche creditrici di Chrysler hanno raggiunto un accordo per la ristrutturazione del debito della più piccola delle case automobilistiche. Manca però il via libera dei creditori più piccoli.

"PASSI AVANTI" - Negli ultimi giorni sono stati compiuti "passi in avanti", aveva affermato pocanzi il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs, ma un accordo fra Fiat e Chrysler non è ancora certo. "Non so se l'accordo sarà concluso. Riteniamo - ha spiegato - che alcuni positivi passi in avanti siano stati fatti negli ultimi giorni. Ma ostacoli restano ancora".

CHRYSLER: TRATTATIVE PROSEGUONO - Le trattative per un’alleanza tra Chrysler e Fiat proseguono e la società statunitense, alla vigilia della scadenza fissata dall’amministrazione Obama per il varo di un piano di ristrutturazione, sta registrando progressi che fanno ben sperare. Lo ha affermato l’amministratore delegato della Chrysler, Bob Nardelli che, in una lettera ai dipendenti diffusa dall’Associated Press, ha scritto di sperare di raggiungere l'accordo con Fiat. Nardelli, che ha anche sottolineato che il Tesoro Usa ha confermato l'esistenza di un accordo preliminare tra l'azienda e i creditori di Chrysler per la ristrutturazione del debito della casa automobilistica, si è mostrato ottimista alla luce di tre elementi: prima di tutto proprio l’accordo raggiunto con i maggiori creditori della società, l’intesa con i sindacati, già approvata dai leader delle organizzazioni dei lavoratori, e la struttura dei costi di Chrysler che, nel primo trimestre del 2009 è già significativamente inferiore sia a quella del trimestre precedente sia a quella del corrispondente periodo dell'anno precedente. Dall’inizio dell’anno Chrysler ha ottenuto 4 miliardi di dollari di prestiti governativi, dopo aver comunicato che non ce l’avrebbe fatta a sopravvivere con i propri mezzi a causa della forte contrazione delle vendite di auto negli Stati Uniti. A marzo la task force sull’auto scelta dall’amministrazione Obama ha rifiutato il piano di ristrutturazione presentato dall’azienda, precisando che senza un partner non sarebbe stata in grado di rimanere in vita. Il governo ha quindi dato tempo all’azienda fino al 30 aprile per stringere un’alleanza con Fiat, ottenere concessioni dai sindacati e convincere i creditori a concedere degli sconti. Se gli sforzi di Chrysler dovessero andare a buon fine, il governo ha promesso un prestito di altri 6 miliardi di dollari. In caso contrario, la società quasi certamente finirà in liquidazione.

SI' UE AD AIUTI PER TERMINI - Nel frattempo, la Commissione europea ha autorizzato aiuti per investimenti a finalità regionale pari a 46 milioni di euro, che le autorità italiane intendono concedere alla Fiat per un progetto che prevede la produzione di un nuovo modello di automobile in Sicilia. Gli investimenti previsti dal progetto serviranno ad ampliare lo stabilimento Fiat di Termini Imerese, a modificare il processo di produzione e a diversificare la produzione dovrebbero permettere di salvaguardare i posti di lavoro esistenti nella Regione. La misura, spiega Bruxelles, risulta compatibile con i requisiti previsti dagli orientamenti sugli aiuti di Stato a finalità regionale 2007-2013 e dalle norme sui grandi progetti di investimento, perché Fiat non aumenterebbe considerevolmente la sua capacità di produzione. "In un momento così difficile è fondamentale salvaguardare i posti di lavoro esistenti, cosa che questo progetto di investimento farà in Sicilia senza distorcere indebitamente la concorrenza", ha affermato la commissaria Ue alla Concorrenza, Neelie Kroes.

29 aprile 2009

 

 

 

 

 

 

Ultimo sì alle nozze Fiat-Chrysler

Via libera delle banche. Il 55% andrebbe ai dipendenti. La mossa su Opel

MILANO — L'alleanza tra Fiat e Chrysler è ormai a un passo dalla firma. Dopo il sì del sindacato americano al taglio del costo del lavoro, ieri è arrivata una prima intesa con le quattro principali banche creditrici. JP Morgan, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley avrebbero accettato di svalutare i propri crediti, con un taglio drastico da 6,9 miliardi di dollari (a tanto ammontano complessivamente) a circa 2 miliardi, in cambio di una partecipazione azionaria. Nulla di ufficiale: da qui l'uso del condizionale.

Ma per i media americani è tutto fatto. "Il Tesoro Usa e i creditori di Chrysler hanno raggiunto l'accordo", ha annunciato ieri per primo il sito del Washington Post. Identica la posizione del New York Times, mentre sia il Wall Street Journal sia l'emittente televisiva Cnbc mostrano maggiore cautela. Potrebbe essere lo stesso Barack Obama, che oggi celebrerà i primi cento giorni della sua presidenza, a dare l'annuncio. Certo, come ha ricordato l'amministratore delegato di Chrysler, Bob Nardelli, l'uscita definitiva di Daimler (che ha rinunciato alla propria partecipazione, pari al 19,9%) ha favorito la svolta. Non è ancora chiaro, tuttavia, il meccanismo dell'operazione. Se cioè sarà evitata la bancarotta (soluzione preferita anche da Sergio Marchionne, l'amministratore delegato di Fiat che in queste ore si trova negli Usa per seguire da vicino l'evolversi degli eventi) oppure se si ricorrerà a una strada intermedia, con la nascita di una nuova Chrysler priva di debiti accanto alla vecchia destinata alla liquidazione. Un po' come è stato fatto con Alitalia. Nel primo caso il fondo Cerberus, che detiene la maggioranza azionaria, dovrebbe azzerare la propria quota, così come ha fatto Daimler. In ogni caso per Fiat non dovrebbe cambiare nulla.

Entrambe le soluzioni, infatti, prevedono come esito finale una situazione di partenza a grandi linee già definita: il 55% del capitale andrebbe alla Uaw (United Auto Workers), il sindacato dei metalmeccanici Usa, mentre la Fiat avrebbe il 35% in cambio di tecnologie e know-how (un apporto quantificato tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari). Il restante 10% sarebbe suddiviso tra il governo Usa e gli altri creditori. Naturalmente l'assetto azionario è importante, ma non è tutto. Servirà nell'immediato a sbloccare i nuovi finanziamenti pubblici. E poi a rilanciare l'attività industriale. È su questo fronte che Fiat giocherà un ruolo determinante. La scommessa è audace. Gli scettici ricordano la precedente alleanza di Chrysler, quella con Daimler, durata dal 1998 al 2007 e naufragata anche per dissensi sulla governance. Con Fiat, però, sarebbe diverso. La guida strategica sarebbe infatti ben salda nelle mani di Marchionne, che lo stesso Obama ha indicato come l'uomo in grado di rilanciare la casa di Detroit. E poi l'alleanza parte su presupposti industriali e commerciali ben diversi. A cominciare dalla complementarietà produttiva: da una parte Chrysler specializzata in veicoli di maggiori dimensioni (si pensi al marchio Jeep); dall'altra Fiat che propone vetture più piccole, con bassi consumi e basse emissioni, particolarmente richieste in tempi di crisi. Infine, la messa a disposizione delle rispettive reti di vendita: quelle Fiat in Italia e Brasile, quelle Chrysler in Usa e Canada.

Giacomo Ferrari

29 aprile 2009

 

 

 

 

 

 

Visto da Detroit

E il sindacato va a Wall Street

per salvare impianti e pensioni

Soluzioni parallele: il controllo di Gm allo Stato, l'ex cenerentola Usa ai lavoratori e al socio italiano

DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK — "Motown" o "Ghost town"? Città dell'auto o degli spettri? Si chiedono, angosciati, i giornali di Detroit mentre si accavallano le notizie di accordi e piani di ristrutturazione per il salvataggio di General Motors e Chrysler. Gm di fatto nazionalizzata, controllata all'89% dai sindacati e dal governo federale. Chrysler per il 55% nelle mani dei sindacati, ma con la gestione affidata al partner industriale, Fiat, con una quota che salirà dal 20% iniziale al 35.

Per le certezze bisogna aspettare ancora 24 o 48 ore: alla Chrysler l'accordo coi sindacati è fatto, le grandi banche titolari della maggioranza dei debiti (6,9 miliardi), hanno raggiunto l'intesa col Tesoro. Ma basta che uno degli altri 45 creditori minori rifiuti l'offerta del governo (2 miliardi cash) per rendere inevitabile una bancarotta "pilotata". C'è poi l'ultimo scoglio, i concessionari: molti dovranno chiudere, ma, per ora, resistono. Anche questo può portare alla bancarotta. Ormai, però, lo scenario generale è definito: la Ford tenta di farcela con le sue forze e rimane sul mercato da protagonista indipendente. GM, mutilata e nazionalizzata, che perde marchi e moltissimi stabilimenti. Nella migliore delle ipotesi, l'ex primo costruttore del mondo diventerà una società con soli quattro marchi (Chevrolet, Cadillac, Buick e Gmc) e una produzione di 2,6 milioni di veicoli l'anno. Infine Chrysler: dissanguata, era la cenerentola dell'industria americana, ma sembra uscire dal processo di ristrutturazione con meno "handicap" della General Motors: quattro marchi come i "cugini" di Detroit (Chrysler, Jeep, Dodge e Plymouth), più quelli che arriveranno coi prodotti Fiat e la forza di un partner industriale e tecnologico italiano, che nel caso Gm non c'è. Anche chi non ha risparmiato, nei mesi scorsi, le battute ironiche sul "soccorso italiano", oggi riconosce che Fiat è l'unica speranza, l'unico elemento di dinamismo nel deprimente panorama automobilistico americano.

Sergio Marchionne, l'"italiano del Canada" che ha studiato a Windsor, città affacciata sul lago Michigan proprio di fronte a Detroit, diventa l'uomo della speranza non solo per Obama, che l'ha già "incoronato", ma per tutti quelli che scommettono su un recupero dell'industria manifatturiera. Non avrà vita facile, e non solo per la difficoltà di ridare slancio a un'industria a corto di modelli innovativi e costretta ad operare in un mercato difficilissimo, nel quale perdono anche i migliori, come Toyota. L'amministratore delegato della Fiat è chiamato a un esperimento senza precedenti: la gestione di un'azienda in condominio con un sindacato che è socio di maggioranza, non una semplice presenza nel consiglio di sorveglianza, come nel modello tedesco. Marchionne, che in gioventù fu un ammiratore del "turnaround" realizzato da Lee Iacocca in una Chrysler che anche allora rischiava di sparire, oggi deve realizzare un'impresa analoga ma senza poter usare — come fece il "condottiero" italo-americano — i meccanismi classici del capitalismo anglosassone. Il manager ha davanti a sé le pagine bianche di un quaderno nel quale deve provare a scrivere un nuovo capitolo della storia della democrazia economica.

Una sfida assai stimolante, ma tra le più difficili da immaginare, anche perché i contorni non sono ben definiti: non è chiaro, ad esempio, in che modo il Tesoro proteggerà i 10 miliardi di denaro pubblico che sta investendo, se il capitale di Chrysler, come pare, verrà essenzialmente diviso tra sindacati e Fiat. Tutto da studiare anche il ruolo di un sindacato per la prima volta obbligato a comportarsi da imprenditore. Essendo in maggioranza non potrà nascondersi: dovrà perseguire la massimizzazione del profitto perché solo così l'azienda varrà abbastanza da compensare l'abbattimento degli altri fondi previdenziali e sanitari non più finanziati da Chrysler. Pensioni e qualità dell'assistenza medica del personale dipenderanno, insomma, dal successo della Chrysler "italiana".

Massimo Gaggi

29 aprile 2009

 

 

 

 

 

Exor "La Germania? C'è un unico disegno"

La spinta di Elkann "Noi soci

più piccoli per diventare grandi"

Gli sms con Marchionne. "Pieno sostegno"

DAL NOSTRO INVIATO

TORINO — "La strategia di Sergio Marchionne è chiara. Noi l'appoggiamo totalmente". È mattina presto, John Elkann si prepara a guidare la prima assemblea di Exor. Complice il fuso, in Italia non è ancora rimbalzato lo scoop del Washington Post. Lui non lo confermerà nemmeno più tardi, per la verità, il raggiungimento dell'accordo tra banche e Tesoro. Ed è questione, anche, di rispetto istituzionale: ci sono la Casa Bianca e il governo degli Stati Uniti, impegnati sull'asse Fiat-Chrysler, si può violare l'ovvio protocollo? Così il presidente della holding nata dalla fusione Ifi-Ifil, primo azionista del Lingotto, rinvia tutto a domani sera, "ora Usa".

Intesa? Quote? Fiat davvero al 35% subito con il sindacato al 55%? "Qualsiasi ipotesi resta prematura". Ci si rassegni, non esclude nemmeno l'opzione che pare ormai scongiurata, quella bancarotta pilotata che in ogni caso vedrebbe Torino sbarcare a Detroit: "Non si saprà fino all'ultimo che cosa deciderà Washington. Quello che posso dire è che Fiat ha fatto la propria parte". C'è solo una frase, a tradire l'ottimismo. E il tono che Elkann usa quando dice: "Speriamo che il settore auto possa rafforzarsi". È chiaro che è più che una speranza. Del resto, il polso della situazione ce l'ha. Il contatto con Marchionne è continuo, "più volte al giorno, sì", via sms e mail da un Blackberry all'altro. E qualcuno davvero nutre dubbi sul "sostegno completo" al disegno dell'amministratore delegato? Primo tassello: Chrysler. Secondo: Opel "o qualunque altra società con cui si possano fare accordi, si vedrà". Quel che non cambia sono il punto di partenza e il traguardo fissato. "Marchionne l'ha detto pubblicamente, che l'auto mondiale deve passare da un processo di consolidamento".

E ha aggiunto, continua, "che la soglia è di 5-6 milioni di auto l'anno, con piattaforme che permettano di "spalmare" i costi su almeno un milione di vetture". Il "manifesto" datava dicembre. "Da allora lui si è mosso con grande coerenza per cercare di realizzarlo". Con Peugeot non è andata (ma la famiglia francese, quella turca Koc e quella indiana Tata "restano i partner con cui abbiamo i rapporti di collaborazione più stretti"), con Chrysler sta andando, con Opel, appunto, "si vedrà". Però "non ci sono piani A o piani B, c'è un unico disegno, chiaro" per fare di Fiat un big player del mondo post-crisi. Senza esborsi: "Oggi nessuna operazione ne prevede". Ma, se sarà necessario, se gli scenari di future alleanze prevedessero, per esempio, fusioni, Elkann conferma: "Siamo pronti a essere azionisti più piccoli in un gruppo più grande. L'importante è rafforzare Fiat". Quella Fiat che, ripete, "non è sottocapitalizzata, l'aumento dei debiti è legato alla congiuntura". Né, assicura, è troppo Marchionne-dipendente: "Tutto ruota intorno a lui, dite? Ne parliamo molto con Sergio. E la realtà è che ha creato una "panchina" importante. Se lui sarà sollecitato da maggiori impegni, non ci saranno problemi: abbiamo persone in grado di assumere a loro volta maggiori responsabilità".

R. Po.

29 aprile 2009

 

 

 

 

Il contropiede del Lingotto

che ridisegna l'auto mondiale

Il piano dell'amministratore delegato del gruppo, in quattro mesi il negoziato Italia-Usa

DAL NOSTRO INVIATO

TORINO — Se ne stavano tutti sotto choc, paralizzati a incassare i colpi di una crisi che ha spedito in rosso persino l'invincibile Toyota. E non è che botte e ferite abbiano risparmiato il Lingotto. Ma è lì, in quel momento, mentre l'emorragia si mangiava il 30, il 40, a volte il 50% dei mercati, che Sergio Marchionne ha sparigliato e spiazzato. Comunque vada, è dal matrimonio Fiat-Chrysler che parte la rivoluzione dell'auto mondiale. Ed è un'azienda italiana, sempre snobbata, fino all'altro ieri data per fallita, oggi temuta (gli altolà tedeschi anche questo nascondono), ad anticipare i giochi. Con la benedizione del presidente degli Stati Uniti.

Certo, la firma dell'asse Torino-Detroit ancora — ufficialmente — non c'è. E quando arriverà, perché ormai su questo pochi nutrono dubbi, non sarà la fine del lavoro: sarà l'inizio. Che si aggiunga o no, poi, pure Opel o il terzo tassello che il Lingotto ha in ogni caso in mente. Nessuno dice nemmeno che la scommessa di costruire, partendo da un'azienda solo quattro anni fa considerata spacciata e in fondo guardata con sospetto pure qui, nel Paese oggi orgoglioso, il secondo colosso mondiale dell'automobile sia una "puntata" a basso rischio. Tutt'altro. Quella del "mostro", come raccontano Marchionne chiami, in privato, il gruppo immaginato per vincere nel mondo dopo la grande crisi, è una sfida epocale. Non ci sono garanzie. E il primo a saperlo è lui. Si chiedeva l'ultimo, elogiativo Economist che cosa spinga il big boss Fiat a giocarsi la reputazione con cui ha conquistato persino la Casa Bianca, quel titolo di "protagonista di uno straordinario rilancio" firmato da Barack Obama in mondovisione. Lui risponderebbe che non è arroganza né presunzione. È sopravvivenza. "Non abbiamo scelta".

La crisi morde, azzanna tutti. Sul pianeta le auto che si possono produrre sono il 30% in più di quante se ne possano vendere. Quando gli attori della partita se ne sono accorti, però, era già troppo tardi. Già c'erano feriti, ovunque, già si profilava qualche morto. Fine che la Fiat non vuole fare. Ma dalla quale, "piccola" com'è oggi, non è sicuramente al riparo. Riuscirà a portarcela, Marchionne? Se "l'indipendenza non è più sostenibile", la fusione di due, forse tre aziende lo è? Funzionerà, se sin qui i "merger" sono quasi tutti falliti? Nessuno, nemmeno lui, può rispondere adesso. Lui però, a differenza degli altri, ci prova. Non si è solo mosso per primo. Osa. Rischia, anche, certo. Ma è così che ha già spiazzato i concorrenti. Sotto Natale, quando ha cominciato a mettere a punto "l'idea Chrysler", tutti i gruppi automobilistici pensavano soltanto a come tamponare le ferite che il mercato avrebbe continuato a infliggere. La Fiat faceva quello. Ma, probabilmente unica, guardava e muoveva anche oltre. Per Torino la supercrisi che stava traumatizzando chiunque era il male da una parte, la possibile, straordinaria opportunità dall'altra.

Il Lingotto da solo più di tanto non avrebbe potuto fare, tutto quello che poteva dare, per vincere e non semplicemente sopravvivere, l'aveva in fondo già dato. Aveva però anche una carta, da tirar fuori per giocare sulla scacchiera globale da cacciatore e non più da preda: le sue macchine piccole, i suoi motori a bassi consumi e basso inquinamento, nel mondo che si scopre poco a poco più "verde" sono il top della tecnologia. Tutta made in Italy, a dimostrazione che non siamo solo splendidi abiti e fantastico design. Ed è quella, a finire oggi sulle prime pagine dei giornali del mondo, non la moda, o la mafia, o i rifiuti. Quello che una volta chiamavamo "orgoglio torinese" diventa, e forse è una novità, "orgoglio italiano". Poi potrà andar bene oppure no. Ma il fatto che la preda diventata cacciatore faccia intanto paura oltre confine qualcosa, dopotutto, vorrà dire.

Raffaella Polato

29 aprile 2009

REPUBBLICA

per l'articolo completo vai al sito Internet

http://www.repubblica.it/

2009-05-02

Lunedì Marchionne a Berlino per incontrare i ministri tedeschi

Una trattativa in salita perché l'ipotesi italiana piace poco in Germania

Fiat, ora parte l'operazione Opel

Non esclusa l'alleanza con Magna

Il gruppo austriaco ha soldi, ma produce poche auto. Manca un partner

di peso sui mercati mondiali. E l'ultima parola spetta a Gm

di PAOLO GRISERI

Fiat, ora parte l'operazione Opel Non esclusa l'alleanza con Magna

Sergio Marchionne

TORINO - E ora la Opel. Lunedì Sergio Marchionne vola in Germania per incontrare a Berlino i ministri competenti: "Esamineremo tutti i dossier con correttezza", promette il cancelliere Angela Merkel dopo le polemiche anti-Fiat dei giorni scorsi mentre il ministro degli Esteri Frank-Walter Steinmeier, socialdemocratico, indica in 14 punti le richieste della politica tedesca al futuro acquirente di Opel. Tra i punti c'è "il mantenimento degli impianti esistenti in Germania" (4 stabilimenti) e di "molti posti di lavoro", oltre alla garanzia che eventuali aiuti di stato di Berlino non vengano utilizzati a vantaggio di altri interessi fuori dalla Germania. Il ministro inserisce addirittura "il gradimento delle maestranze e dei concessionari"

Nella trattativa Marchionne parte in salita. Sindacati e Spd hanno fatto sapere in tutti i modi che gradirebbero la soluzione Magna, una società austriaca che parla tedesco e dunque gode di maggiore considerazione. Ma Magna da sola non è in grado di risolvere i problemi della Opel perché è specializzata nella componentistica e nella progettazione. E Opel con Magna sarebbe esattamente nella stessa situazione di Fiat prima dell'accordo con Chrysler: non avrebbe cioè (con poco più di due milioni di auto prodotte) sufficiente massa critica per stare efficacemente sul mercato internazionale dell'auto. Dunque è possibile che accanto a Magna (che ha il vantaggio di avere i soldi e ha promesso di investire 5 miliardi di dollari) si debba comunque trovare un partner in grado di inserire la casa tedesca in un gruppo più grande dopo l'abbandono da parte di Gm.

Nulla di strano dunque se Fiat e Magna si alleassero per rilevare la casa tedesca: con Marchionne che mette le tecnologie e gli austriaci che mettono la progettazione e i soldi. L'alternativa a Fiat sarebbero i russi di Gaz e non è detto che darebbero ai tedeschi maggiori garanzie di quante è in grado di darne il Lingotto.

A spingere per la soluzione russo-austriaca sarebbe, secondo lo Spiegel, l'ex cancelliere tedesco Gerhard Shroeder, oggi in affari nel Baltico. Mentre i sindacati dell'Ig Metall accusano la Fiat di voler investire in Germania, "meno di 750 milioni".

La parola decisiva non la diranno comunque i tedeschi ma gli americani. Perché oggi la Opel è ancora la divisione europea di Gm. Marchionne dovrà dunque tornare a Detroit a trattare con gli stessi uomini del tesoro Usa che ha già conosciuto nella vicenda Chysler. Che non è comunque chiusa. Secondo il Wall Street Journal ci vorranno due mesi prima che la vicenda legale della bancarotta pilotata giunga al termine e non è detto che questo avvenga senza esborso di denaro.

(2 maggio 2009)

 

 

 

 

 

2009-05-02

Fiat, lunedì Marchionne a Berlino

Via alle trattative con la Opel

ROMA - Già lunedì l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, sarà a Berlino per trattare su un'acquisizione di tutti gli stabilimenti tedeschi della Opel con due ministri e con il massimo rappresentante dei dipendenti del gruppo. Lo segnala il quotidiano tedesco 'Sueddeutsche Zeitung' (Sz) nella sua edizione odierna.

Marchionne, precisa il giornale in una versione online citando "ambienti aziendali", "negozierà con il ministro dell'Economia, Karl-Theodor zu Guttenberg, e con quello degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier".

Il numero uno della Fiat - sempre secondo il giornale tedesco - "presenterà al governo federale un primo, grande piano per acquisire tutti gli stabilimenti tedeschi di Opel, quindi anche gli impianti a Ruesselheim, Eisenach, Kaiserslautern e Bochum, ma ridimensionandone alcuni".

"Il capo della Fiat, con i suoi piani ha finora incontrato forte resistenza nella politica tedesca come anche fra i dipendenti di Opel", ricorda fra l'altro la "Sz", informando che Marchionne incontrerà anche Klaus Franz, il capo del cosiddetto "consiglio di fabbrica" che rappresenta i lavoratori.

(2 maggio 2009)

 

 

 

 

 

 

2009-04-30

La Casa Bianca annuncia l'intesa tra i due gruppi industriali

Per Detroit una bancarotta chirurgica. Salvi i posti di lavoro

Fiat-Chrysler, l'accordo è fatto

Obama: "Insieme verso il successo"

"Torino ha dimostrato di saper costruire l'auto pulita del futuro"

Fiat-Chrysler, l'accordo è fatto Obama: "Insieme verso il successo"

I lavoratori della Chrysler lasciano l'assemblea dopo aver votato

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Multimedia

* BLOG, dite la vostra

 

TORINO - "Sono stati fatti tutti i passi necessari per l'accordo" dice il presidente Usa Barak Obama. Passi che hanno portato all'intesa tra Fiat e Chrysler. Con l'industria di Detroit che sarà sottoposta ad una bancarotta chirurgica di 30/60 giorni e con la Fiat che fa il suo ingresso, in modo marcato, nel mercato americano dell'automobile. "La Fiat ha dimostrato di saper costruire l'auto pulita del futuro ed è l'unica possibilità di salvezza - dice Obama - .Oggi ci sono forti chance di successo. Questa alleanza salverà 30mila posti di lavoro: Chrylser emergerà più forte e competitiva". Grande anche la soddisfazione alla Fiat. "E' un momento storico" commenta l'ad torinese Sergio Marchionne.

Per Obama la Chrysler è certamente "un'icona dell'industria automobilistica americana", alle prese, però, con un presente difficilissimo: "Per anni era un pilastro, solo che quel pilastro si era indebolito". Per sanarlo serviranno l'intervento del governo Usa, la Fiat ("che si è impegnata trasferire miliardi di dollari di tecnologie di avanguardia a Chrysler") e una bancarotta "veloce ed efficiente" con il governo americano che fornirà a Chrysler finanziamenti per alcuni miliardi di dollari. Scongiurati i tagli di posti di lavoro e la chiusura degli stabilimenti. La casa torinese, che inizialmente avrà una quota del 20% (che potrebbe salire al 51% nel 2013), sceglierà tre membri del board al governo mentre Chrysler ne avrà sei. Infine il Lingotto non potrà assumere la maggioranza della società di Detroit fino a quando non sarà stato ripagato il debito.

Poco prima dell'annuncio di Obama un funzionario della Casa Bianca aveva spiegato come la bancarotta "non fosse la soluzione preferita", ma la mancanza di un accordo con i piccoli creditori l'ha resa necessaria. "Il United Auto Worker e le grandi banche hanno accettato molti sacrifici. Nonostante questo non siamo stati in grado di raggiungere un accordo" con tutti i creditori, spiega il funzionario. E, senza citarli, Obama si è rivolto, criticandoli, proprio a loro. A quei "creditori che non hanno accettato di fare sacrifici. Cosa che sindacati e lavoratori hanno fatto".

Dopo l'accordo Obama si è lasciato andare all'ottimismo, dicendosi fiducioso sulla "ricostruzione dell'intera economia americana". Rilanciando l'orgoglio nazionale: "Comprate americano".

(30 aprile 2009)

 

 

 

 

La soddisfazione di Marchionne, che ringrazia i sindacati

"Valorizzeremo i punti forti di entrambe le aziende"

"E' il giorno dell'orgoglio Fiat

nasce una nuova grande Casa"

L'ad garantisce: "Nel patto non è previsto alcun esborso da parte nostra"

"E' il giorno dell'orgoglio Fiat nasce una nuova grande Casa"

Segio Marchionne

 

TORINO - Alle 18,41 arriva il comunicato ufficiale della Fiat. "Un momento storico" afferma Sergio Marchionne.

"Quest'operazione -dice l'Amministratore Delegato del Gruppo - rappresenta una soluzione costruttiva e importante ai problemi che da alcuni anni affliggono non soltanto Chrysler ma l'intera industria automobilistica mondiale. L'alleanza permetterà di mettere insieme la tecnologia Fiat, che è tra le più innovative e avanzate al mondo, le sue piattaforme e i suoi propulsori per vetture piccole e medie nonché la sua vasta rete di distribuzione in America Latina e in Europa con il grande patrimonio della Chrysler, che ha una forte presenza in Nord America e lavoratori pieni di talento e di impegno. Tutto ciò darà vita ad una nuova forte casa automobilistica e aiuterà a preservare, insieme ai posti di lavoro, un'industria manifatturiera di importanza cruciale per le economie statunitense e canadese.

IL COMUNICATO UFFICIALE DELLA FIAT

Da quando abbiamo iniziato le trattative con Chrysler quasi un anno fa, il nostro obiettivo è sempre stato quello di valorizzare i punti forti di entrambe le aziende per ottenere i volumi, le efficienze e i risparmi necessari per creare due costruttori più forti, in grado di competere in modo più efficace a livello globale. Quest'operazione è un passo importante verso il raggiungimento di questo traguardo.

Il nostro lavoro è appena iniziato. Insieme ai nostri nuovi partner della Chrysler lavoreremo per valorizzare l'enorme potenziale di quest'alleanza e per reintrodurre sul mercato nordamericano alcuni dei nostri marchi più famosi, inclusa l'Alfa Romeo e la Cinquecento, che ha vinto numerosi premi".

Marchionne ha voluto ringraziare i sindacati: "Nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, passerò molto tempo ad incontrare i lavoratori della Chrysler e visitare i suoi stabilimenti".

"Oggi è anche un giorno di grande soddisfazione per tutte le donne e gli uomini della Fiat. Il fatto che il know-how della nostra azienda sia stato apprezzato dai più alti livelli dei Governi americano e canadese - che desidero ringraziare a nome dell'intero management del nostro Gruppo - è per tutti noi un forte stimolo per il lavoro che ci attende".

L'alleanza permetterà, inoltre, al Gruppo Fiat e Chrysler di trarre beneficio dalle rispettive reti commerciali e industriali e dai rispettivi fornitori globali -ha concluso Marchionne. "L'alleanza non prevede per Fiat alcun esborso di cassa verso Chrysler né impegni a finanziarla in futuro".

(30 aprile 2009)

 

 

 

La soddisfazione di Marchionne, che ringrazia i sindacati

"Valorizzeremo i punti forti di entrambe le aziende"

"E' il giorno dell'orgoglio Fiat

nasce una nuova grande Casa"

L'ad garantisce: "Nel patto non è previsto alcun esborso da parte nostra"

"E' il giorno dell'orgoglio Fiat nasce una nuova grande Casa"

Segio Marchionne

 

TORINO - Alle 18,41 arriva il comunicato ufficiale della Fiat. "Un momento storico" afferma Sergio Marchionne.

"Quest'operazione -dice l'Amministratore Delegato del Gruppo - rappresenta una soluzione costruttiva e importante ai problemi che da alcuni anni affliggono non soltanto Chrysler ma l'intera industria automobilistica mondiale. L'alleanza permetterà di mettere insieme la tecnologia Fiat, che è tra le più innovative e avanzate al mondo, le sue piattaforme e i suoi propulsori per vetture piccole e medie nonché la sua vasta rete di distribuzione in America Latina e in Europa con il grande patrimonio della Chrysler, che ha una forte presenza in Nord America e lavoratori pieni di talento e di impegno. Tutto ciò darà vita ad una nuova forte casa automobilistica e aiuterà a preservare, insieme ai posti di lavoro, un'industria manifatturiera di importanza cruciale per le economie statunitense e canadese.

IL COMUNICATO UFFICIALE DELLA FIAT

Da quando abbiamo iniziato le trattative con Chrysler quasi un anno fa, il nostro obiettivo è sempre stato quello di valorizzare i punti forti di entrambe le aziende per ottenere i volumi, le efficienze e i risparmi necessari per creare due costruttori più forti, in grado di competere in modo più efficace a livello globale. Quest'operazione è un passo importante verso il raggiungimento di questo traguardo.

Il nostro lavoro è appena iniziato. Insieme ai nostri nuovi partner della Chrysler lavoreremo per valorizzare l'enorme potenziale di quest'alleanza e per reintrodurre sul mercato nordamericano alcuni dei nostri marchi più famosi, inclusa l'Alfa Romeo e la Cinquecento, che ha vinto numerosi premi".

Marchionne ha voluto ringraziare i sindacati: "Nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, passerò molto tempo ad incontrare i lavoratori della Chrysler e visitare i suoi stabilimenti".

"Oggi è anche un giorno di grande soddisfazione per tutte le donne e gli uomini della Fiat. Il fatto che il know-how della nostra azienda sia stato apprezzato dai più alti livelli dei Governi americano e canadese - che desidero ringraziare a nome dell'intero management del nostro Gruppo - è per tutti noi un forte stimolo per il lavoro che ci attende".

L'alleanza permetterà, inoltre, al Gruppo Fiat e Chrysler di trarre beneficio dalle rispettive reti commerciali e industriali e dai rispettivi fornitori globali -ha concluso Marchionne. "L'alleanza non prevede per Fiat alcun esborso di cassa verso Chrysler né impegni a finanziarla in futuro".

(30 aprile 2009)

 

 

 

2008-04-29

Concluse le intese con i sindacati e le banche, a questo punto non ci sono più ostacoli

E il ricorso al Chapter 11 per la Chrysler non sarebbe un ostacolo, secondo l'a.d. del Lingotto

Fiat, l'accordo sempre più vicino

Marchionne non esclude bancarotta

La Casa Bianca prudente: "Non si sa ancora quando potrebbe essere siglato"

Fiat, l'accordo sempre più vicino Marchionne non esclude bancarotta

L'amministratore delegato della Fiat Sergio Marchionne

NEW YORK - Potrebbero mancare solo 24 ore alla conclusione dell'accordo fra Fiat e Chrysler, come ha affermato il presidente del gruppo automobilistico John Elkann, anche se l'amministratore delegato del Lingotto Sergio Marchionne è pronto a scommettere sulla bancarotta della casa automobilistica americana. Secondo quanto riferito dal presidente del Canadian Auto Workers (Caw), Ken Lewenza, dopo una cena con il numero uno di Fiat, Marchionne, anche se dimostratosi "cauto", avrebbe detto che "dovendo scommettere" in questo momento, punterebbe sul ricorso al Chapter 11 di Chrysler (si tratta dell'amministrazione controllata in vista della bancarotta, ndr).

La procedura di fallimento in ogni caso non pregiudicherebbe le chance di chiudere un accordo fra le due società. "Marchionne mi ha detto: 'Ken, in due giorni possono succedere tante cose, ma se fossi uno scommettitore, punterei sulla bancarotta'", ha riferito Lewenza dopo l'incontro a Toronto, al quale ha partecipato anche il vice presidente di Chrysler, Tom LaSorda.

Tuttavia la Casa Bianca ha detto di non sapere per certo se sarà raggiunto un accordo tra Fiat e Chrysler, anche se sono stati fatti alcuni passi importanti. "Non so se sarà raggiunto un accordo e quando. Riteniamo che siano stati compiuti alcuni passi importanti e positivi negli ultimi giorni", ha risposto il portavoce della Casa Bianca ai giornalisti a bordo dell'Air Force One, l'aereo presidenziale in volo verso il Missouri, dove il presidente Barack Obama deve tenere un discorso per i suoi primi 100 giorni in carica. "Restano però ancora ostacoli" da superare, ha concluso Gibbs.

Comunque la trattativa va avanti: dopo l'intesa con i sindacati per ridurre il costo del lavoro, il Tesoro Usa - secondo la stampa americana - avrebbe raggiunto anche quella con i quattro grandi creditori della casa di Detroit per la ristrutturazione del debito: JPMorgan, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley. Le banche avrebbero accettate di rinunciare a parte del proprio debito, attualmente pari a circa 6,9 miliardi di dollari, che verrebbe svalutato a due miliardi, con Chrysler che li pagherebbe in contanti. Alle banche andrebbe però una quota del 10% delle azioni assegnate al governo. Alla bancarotta si potrebbe però ricorrere se i piccoli creditori non aderissero al piano di ristrutturazione del debito.

L'azionariato avrebbe pertanto questo tipo di distribuzione, in base agli accordi conclusi fino a questo momento: il 55% al sindacato (in base all'intesa con Uaw, United Auto Worker), la Fiat avrebbe il 35% e il 10% sarebbe controllato da governo e creditori.

L'amministrazione Obama ha accolto con favore i progressi nella trattativa che dovrebbe portare all'alleanza fra Fiat e Chrysler: l'accordo fra le banche creditrici e il governo per lo swap del debito rappresenta un "passo importante". Ma - avverte il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs - "c'è ancora della strada da fare" prima che un accordo definitivo sia siglato.

Su una conclusione positiva della trattativa Fiat-Chrysler è fiducioso l'amministratore delegato di Chrysler, Robert Nardelli, per il quale l'uscita definitiva della Daimler dall'azionariato della casa di Detroit, di cui aveva il 19,9%, favorisce un accordo con la Fiat. "Restiamo focalizzati nel completare tutte le transazioni necessarie - dice Nardelli - per qualificarci a ottenere aiuti sia dal governo americano sia dal governo canadese".

Più prudente John Elkann, presidente di Exor, la finanziaria attraverso la quale il gruppo Agnelli controlla il Lingotto. "La situazione - dice - sarà definità giovedì sera, parlare di percentuali di probabilità oggi non ha senso. Nei grandi negoziati molto si fa alla fine. Siamo fiduciosi, il nostro ruolo storico è quello di accompagnare la Fiat e di garantire il massimo sostegno a Marchionne nell'obiettivo di rafforzare l'Auto".

A Marchionne pertanto ora il compito di portare a termine l'alleanza con Fiat entro la data del 30 aprile ultimatum fissato dalla Casa Bianca. Le notizie sull'avvicinarsi della conclusione dell'accordo favoriscono in Borsa la Fiat: dopo i primi scambi il titolo del Lingotto guadagna oltre il 3%.

(29 aprile 2009)

 

 

 

 

 

 

Secondo il Wall Street Journal lo prevede l'accordo raggiunto

con i sindacati. Elkann: "Si saprà tutto solo giovedì sera"

Chrysler, la maggioranza

andrebbe ai lavoratori

L'Uaw avrebbe il 55% delle azioni, governo e creditori il 10 e Fiat arriverebbe al 35

Intesa tra Tesoro Usa e banche creditrici: debiti svalutati a 2 miliardi di dollari

Chrysler, la maggioranza andrebbe ai lavoratori

NEW YORK - L'alleanza fra Fiat e Chrysler si farà. Ne è convinto Franzo Grande Stevens, consigliere di Exor, che ai giornalisti ha confidato: "Sono fiducioso che vada in porto", non rilasciando invece nessun commento sull'ipotesi di un interessamento del Lingotto nei confronti di Opel: "L'attualità riguarda solo Chrysler", si è limitato a dire.

In base all'accordo raggiunto con il sindacato UAW, secondo il Wall Street Journal, il sindacato potrebbe avere una quota del 55% della Chrysler ristrutturata, il governo e i creditori dovrebbero avere insieme il 10% e Fiat arriverebbe al 35%. Il Washington Post aggiunge che i creditori della casa Usa e il governo americano avrebbero trovato l'accordo che spianerebbe la strada all'intesa con Fiat. Secondo il giornale i 6,9 miliardi di dollari dovuti da Chrysler a un gruppo di 45 tra banche ed hedge fund vengono svalutati a 2 miliardi di dollari.

Chrysler stima che il valore dell'investimento di Fiat, nell'ambito dell'accordo con la casa Usa, abbia un valore di 8 miliardi di dollari e che l'alleanza con il Lingotto consentirà la creazione di 4.000 nuovi posti di lavoro negli Usa, scrive il quotidiano. Già a metà marzo l'ad di Chrysler aveva stimato che il contributo di Fiat all'accordo avesse un valore compreso tra 8 e 10 miliardi di dollari.

Fiat avrebbe concordato di produrre almeno un'auto piccola in uno stabilimento Chrysler negli Stati Uniti. Il Wsj aggiunge infine che sindacati di Chrylser hanno raccomandato agli iscritti di ratificare i cambiamenti volti alla riduzione dei costi.

L'accordo tra sindacato e Chrysler prevede la sospensione degli aggiustamenti dei salari al costo della vita e nuovi limiti agli straordinari. Ai dipendenti saranno pagati gli straordinari solo se lavoreranno più di 40 ore la settimana. "La situazione - ha detto Jhon elkann - sarà definita giovedì sera ora nostra e fino all'ultimo non avremo moltissimi elementi"

(28 aprile 2009)

 

L'UNITA'

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http://www.unita.it

2009-05-03

2009-05-02

La Fiat ora punta su Opel: Marchionne a Berlino

Già lunedì l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, sarà a Berlino per trattare la possibile acquisizione di tutti gli stabilimenti tedeschi della Opel. La trattativa sarà condotta alla presenza di due ministri e del massimo rappresentante dei dipendenti del gruppo. Lo segnala il quotidiano tedesco 'Sueddeutsche Zeitung' (Sz) nella sua edizione odierna. Marchionne, precisa il giornale in una versione online citando "ambienti aziendali", "negozierà con il ministro dell'Economia, Karl-Theodor zu Guttenberg, e con quello degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier".

"Adesso dobbiamo concentrarci sulla Opel: sono loro i nostri partner ideali", aveva detto Marchionne poche ore dopo la chiusura della trattativa con Chrysler. Intanto, oltreoceano la casa automobilistica americana, che ha chiuso tutti i suoi impianti, punta a incassare a breve termine il via libera del giudice all'alleanza con Fiat e la vendita alla 'Nuova Chrylser' della maggior parte dei suoi asset per 2 miliardi, oltre ai 4,5 miliardi di dollari dal governo Usa. Mentre in Italia i sindacati, che pure hanno salutato con favore l'intesa, chiedono garanzie per le fabbriche. "Bisogna pensare anche alle produzioni italiane, che danno tanto lavoro non solo a Torino ma anche e soprattutto nel centro-sud", dice Raffaele Bonanni, numero uno della Cisl, chiedendo garanzie che non ci siano delocalizzazioni. E uguale chiarezza chiede Renata Polverini, leader dell'Ugl, avvertendo che "per la prima volta dal 2005 Marchionne non dice apertamente che lascerà aperti tutti gli stabilimenti Fiat in Italia".

02 maggio 2009

 

 

 

 

 

 

2009-04-30

Fiat-Chrysler, accordo fatto

Chiuse tutte le complicate partite ancora aperte, compresa quella del negoziato con i creditori è arrivato anche dal presidente Usa, Barack Obama, il via libera all'alleanza tra Fiat e Chrysler.

Chrysler ha con Fiat "la chance di un futuro radioso". Con queste parole il presidente americano, parlando a Washington, ha "sancito" l'accordo. Obama ha avuto parole di elogio per Fiat, che "ha dimostrato di costruire le auto più efficienti a livello di consumi" e ha aggiunto che la casa americana "potrà prosperare nell'industria dell'auto globale. Sono sicuro che rinascerà anche più forte".

Obama ha sottolineato nel suo discorso che "Chrysler avrà la possibilità non solo di sopravvivere, ma anche di prosperare. Il chapter 11 sarà "un processo molto rapido, grazie anche agli azionisti, e controllato. Non ci saranno problemi per nessuno, né per gli azionisti né per i consumatori". Il presidente ha anche definito "inaccettabile" l'atteggiamento di un piccolo gruppo di speculatori che si sono rifiutati di fare sacrifici, mentre ha ringraziato per i sacrifici tutti i dipendenti di Chrysler, le banche creditrici principali e i principali azionisti della casa americana. "Grazie all'accordo con Fiat - ha proseguito Obama - saranno salvati 30mila posti di lavoro. La finanziaria Gmac – ha aggiunto – finanzierà le vendite della nuova Chrysler".

Ad accordo fatto si sarà costituito il quinto più grande gruppo automobilistico del mondo, dietro a Toyota, General Motors, Volkswagen e Ford. Le ultime difficoltà si sono registrate, ieri, nella discussione con i creditori di Chrysler. Proprio per questa ragione Obama ha comunicato che, senza accordo, la via più semplice sarà ricorrere al Chapter 11, ovvero alla norma che consente la bancarotta.

La casa Bianca ha posto una serie di condizioni molto dure alla Chrysler in cambio di un nuovo investimento di 6 miliardi di dollari che si aggiungono al prestito di 4 miliardi di dollari concesso nell'emergenza di gennaio. L'accordo prevede per la Fiat l'ingresso nel mercato americano e per la Chrysler l'accesso alla tecnologia per produrre piccole vetture. Non ci sarà, invece, alcun passaggio di denaro. Fiat e Chrysler insieme produrranno 4,16 milioni di auto ma Marchionne ritiene che l'impresa automobilistica debba produrre almeno 5,5 milioni di veicoli.

30 aprile 2009

 

 

 

2009-04-29

Fiat-Chrysler, anche le banche Usa verso l'accordo

L'accordo fra Fiat e Chrysler sembra più vicino, anche se l'amministratore delegato del Lingotto Sergio Marchionne è pronto a scommettere sulla bancarotta della casa automobilistica americana. Secondo quanto riferito dal presidente del Canadian Auto Workers (Caw), Ken Lewenza, dopo una cena con il numero uno di Fiat, Marchionne, anche se dimostratosi "cauto", avrebbe detto che "dovendo scommettere" in questo momento, punterebbe sul ricorso al Chapter 11 di Chrysler. Questo in ogni caso non pregiudicherebbe le chance di chiudere un accordo fra le due società. "Marchionne mi ha detto: "Ken, in due giorni possono succedere tante cose, ma se fossi uno scommettitore, punterei sulla bancarotta"", ha riferito Lewenza dopo l'incontro a Toronto, al quale ha partecipato anche il vice presidente di Chrysler, Tom LaSorda.

La trattativa intanto va avanti: dopo l'intesa con i sindacati per ridurre il costo del lavoro, il Tesoro Usa - secondo la stampa americana - avrebbe raggiunto anche quella con i quattro grandi creditori della casa di Detroit per la ristrutturazione del debito: JPMorgan, Citigroup, Goldman Sachs e Morgan Stanley. In base all'accordo con le banche, il debito, pari a circa 6,9 miliardi di dollari, verrebbe svalutato a due miliardi, con Chrysler che li pagherebbe in contanti. Alla bancarotta si potrebbe ricorrere se i piccoli creditori non aderissero al piano di ristrutturazione del debito. E a Marchionne, l'azionista Exor (la finanziaria attraverso la quale gli Agnelli controllano la Fiat) conferma pieno sostegno e fiducia.

L'amministrazione Obama accoglie con favore i progressi nella trattativa che dovrebbe portare all'alleanza fra Fiat e Chrysler: l'accordo fra le banche creditrici e il governo per lo swap del debito rappresenta un "passo importante". Ma - avverte il portavoce della Casa Bianca, Robert Gibbs - "c'è ancora della strada da fare" prima che un accordo definitivo sia siglato. L'intesa con le banche segue quella raggiunta con Uaw (United Auto Worker), in base alla quale una quota del 55% andrebbe al sindacato, mentre la Fiat avrebbe il 35% e il 10% sarebbe controllato da governo e creditori.

Nell'ambito della riorganizzazione di Chrysler potrebbe rientrare anche l'unione di Chrysler Financial e Gmac, nelle quali Cerberus controlla una quota significativa. Secondo indiscrezioni i timori che Chrysler Financial non possa sopravvivere come società separata sono aumentati e si starebbe ora valutando - riporta il Wall Street Journal - la possibilità di far confluire il portafoglio prestiti di Chrysler Financial in Gmac.

Su una conclusione positiva della trattativa Fiat-Chrysler è fiducioso l'amministratore delegato di Chrysler, Robert Nardelli, per il quale l'uscita definitiva della Daimler dall'azionariato della casa di Detroit, di cui aveva il 19,9%, favorisce un accordo con la Fiat. "Restiamo focalizzati nel completare tutte le transazioni necessarie - dice Nardelli - per qualificarci a ottenere aiuti sia dal governo americano sia dal governo canadese". Più prudente John Elkann, presidente di Exor, la finanziaria attraverso la quale il gruppo Agnelli controlla il Lingotto.

"La situazione - dice - sarà definità giovedì sera, parlare di percentuali di probabilità oggi non ha senso. Nei grandi negoziati molto si fa alla fine. Siamo fiduciosi, il nostro ruolo storico è quello di accompagnare la Fiat e di garantire il massimo sostegno a Marchionne nell'obiettivo di rafforzare l'Auto". Ottimista sull'esito dell'operazione è Franzo Grande Stevens, consigliere della società, mentre il presidente d'onore Gianluigi Gabetti dice che "bisogna essere sempre fiduciosi sulle cose buone".

Soddisfatto per le notizie dagli Usa il segretario generale della Uilm, Antonino Regazzi. "Dopo la coraggiosa intesa del sindacato metalmeccanico della Uaw - osserva Regazzi - l'intesa con i creditori rappresenta il disco verde al finanziamento del governo Obama alla casa automobilistica statunitense. A Marchionne ora il compito di portare a termine l'alleanza con Fiat entro la data del 30 aprile fissata dalla task force dell'auto della Casa Bianca". Seduta negativa in Piazza Affari per la Fiat, che perde il 2,61% e chiude a 7,83 euro in una giornata molto negativa per il settore dell'auto in Europa.

29 aprile 2009

 

 

 

 

 

il SOLE 24 ORE

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http://www.ilsole24ore.com

2009-05-03

2009-05-02

2 MAGGIO 2009

Fiat, lunedì Marchionne

atteso a Berlino per Opel

Sergio Marchionne sarà lunedì 4 maggio a Berlino per parlare con i vertici del Governo tedesco della questione Opel. Lo riportano sabato mattina diversi media tedeschi, fra cui la "Sueddeutsche Zeitung" e "Focus ". L'ad della casa torinese discuterà dell'ipotesi acquisizione Opel con il ministro degli Esteri, il socialdemocratico Frank-Walter Steinmeier e con il ministro dell'Economia, Karl-Theodor zu Guttenberg. Dall'Esecutivo tedesco non ci sono conferme ufficiali di questi incontri.

Nei giorni scorsi Steinmeier aveva espresso in più occasioni le sue perplessità sul piano del Lingotto, mentre il ministro dell'Economia si era mostrato più cauto. In un'intervista al settimanale "Der Spiegel", zu Guttemberg aveva detto che "il Governo tedesco esaminerà molto attentamente il piano di Fiat", in particolare in relazione al numero di stabilimenti e posti di lavoro che verranno garantiti in Germania. In corsa per rilevare l'azienda tedesca, trascinata in crisi dalla casa-madre General Motors, c'è anche il fornitore austro-canadese Magna.

 

 

 

 

 

 

2009-05-01

1 maggio 2009

Chrysler, la parola al tribunale.

E Fiat si concentra su Opel

Partono le procedure per l'amministrazione controllata della casa di Detroit: se la Corte bocciasse il piano seguirebbe la liquidazione e il licenziamento di 39mila dipendenti. Tagliati otto impianti. Marchionne sui siti italiani: non possiamo ignorare la domanda in calo

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Dopo il via libera dei due gruppi industriali e la benedizione della Casa Bianca partono le procedure per l'amministrazione controllata di Chrysler, che secondo i piani dell'amministrazione Obama dovrebbe essere chiusa entro due mesi. La casa di Detroit ha preparato oggi la richiesta per ottenere 4,5 miliardi di dollari dal Governo, ha dichiarato la legale Corinne Ball, davanti alla corte per la bancarotta di Manhattan. Ball ha precisato che sempre da oggi sarà fermata la produzione in tutti gli impianti Chrysler.

La prossima udienza davanti alla Corte per la bancarotta di Manhattan è fissata per il 4 maggio prossimo: la casa automobilistica americana punta a incassare "a breve termine" il via libera del giudice all'alleanza con Fiat e la vendita alla Nuova Chrysler della maggior parte dei suoi asset per 2 miliardi. Se l'accordo dovesse essere bocciato - avverte il legale nel documento consegnato in tribunale - la casa automobilistica sarebbe liquidata e questo "segnerebbe la fine di un'icona americana e la perdita di 38.500 posti di lavoro".

Chrysler taglierà comunque 6.500 posti di lavoro in seguito alla chiusura di otto impianti, secondo quanto riportato dall'emittente televisiva statunitense Cnbc, e ridurrà del 50% le spese di marketing. Una notizia, quella del taglio degli impianti, che ha trovato conferma in serata: "È ancora troppo presto per dire cosa accadrà agli impianti che non andranno alla nuova società - spiega un portavoce della casa di Detroit in una nota -. Chrysler cercherà di trovare nuove collocazioni per i dipendenti di tali impianti".

Intanto Chrysler Financial ha cessato da oggi di fornire finanziamenti agli acquirenti di auto Chrysler. Lo riporta il Wall Street Journal, citando alcuni concessionari che avrebbero ricevuto comunicazioni dalla stessa società. Chrysler Financial ha reso noto giovedì che le sue attività di finanziamento sarebbero state rilevate da Gmac, la divisione finanziaria di General Motors.

L'operazione Chrysler-Fiat, al tempo della globalizzazione, non poteva non avere effetti anche in altre aree produttive del pianeta. In Giappone, per dire, non mancheranno le ripercussioni sulle imprese della componentistica impegnate con il costruttore americano. Il Governo di Tokyo vigilerà sui possibili effetti negativi del fallimento pilotato: lo ha detto il ministro dell'Economia, Toshihiro Nikai, spiegando che se l'industria giapponese sarà danneggiata "prenderemo le misure adeguate".

In ogni caso, adesso per la Fiat è arrivato il momento di concentrarsi sullo scenario europeo, quindi su Opel. "Ora - ha sottolineato, in un colloquio con La Stampa, l'amministratore delegato Sergio Marchionne - dobbiamo concentrarci su Opel: sono loro i nostri partner ideali". Il manager ha negato che si prepari un disimpegno dagli stabilimenti italiani dopo l'intesa con Detroit, come adombrato dai sindacati durante il corteo del primo maggio a Torino.

"Non ho mai abbandonato nemmeno per un secondo l'impegno verso il sistema italiano - ha spiegato Marchionne - ma insieme ai sindacati e al Governo dobbiamo essere capaci di affrontare i problemi strutturali in modo responsabile, tenendo fede a tutti gli impegni con i dipendenti. Però non possiamo non guardare a una domanda che è calata".

"L'esempio che ci viene da Obama - ha concluso l'amministratore delegato del gruppo Fiat - è che dobbiamo mantenere e rafforzare l'industria del Paese, ma riconoscendo la realtà delle cose. Un percorso che faremo nel rispetto delle specificità del sistema europeo e del nostro radicamento italiano. Non sono diventato Marchionnne l'Americano". (Al.An)

 

 

 

 

 

 

2009-04-30

Chrysler, bancarotta pilotata Obama: Fiat aiuterà Detroit a produrre auto ecologiche

commenti - |Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci

30 aprile 2009

Nel fotomontaggio: Barack Obama durante il suo intervento sull'operazione Chrysler/Fiat e, sullo sfondo, i loghi delle due case automobilistiche

IMMAGINI / Fiat e Chrysler, i modelli più rappresentativi

Gm, i creditori rilanciano per controllare il 58% della società

Per i sindacati niente scioperi fino al 2015

Accordo tra Tesoro Usa-banche creditrici

ANALISI / Il nodo sono suv e fuoristrada firmati Jeep (di Mario Cianflone)

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La nota ufficiale sull'accordo Fiat-Chrysler

L'alleanza tra Fiat e Chrysler è cosa fatta. Lo ha annunciato ufficialmente il presidente americano Barack Obama. "Questa alleanza - ha detto - salverà 30mila posti di lavoro e molti altri nell'indotto del settore automobilistico. L'obiettivo è stato raggiunto grazie al grande sacrificio dei lavoratori che, nelle trattative sindacali, hanno accettato di ridurre la propria retribuzione, e delle banche che hanno rinegoziato il proprio credito verso l'azienda".

Duro attacco contro gli hedge funds responsabili del Chapter 11

Me se ha elogiato il sacrificio di banche e sindacati, Obama ha attaccato duramente gli hedge funds creditori della casa automobilistica che si sono opposti a ridurre il proprio credito nei confronti dell'azienda e pertanto l'hanno costretta a finire in amministrazione controllata. "Questi soggetti - ha detto Obama - speravano di avere i soldi dei contribuenti, ma così non sarà. Io non sono con loro, io sono con i lavoratori della Chrysler".

Nuovi fondi per la Chrysler

La casa di Detroit, ha fatto sapere Obama, riceverà altri aiuti da parte del Governo americano. Finanziamenti arriveranno anche dal Governo canadese. La casa automobilistica, ha fatto sapere un rappresentante della Casa Bianca poco prima del discorso ufficiale, farà ricorso a una "bancarotta chirurgica che durerà fra i 30 e i 60 giorni". Lo ha detto un rappresentante dell'amministrazione Obama. Secondo indiscrezioni in questa fase la casa automobilistica riceverà 3 miliardi di dollari dal Governo. Secondo altre voci, i miliardi sarebbero 8 miliardi.

Con l'alleanza con Fiat, Detroit produrrà auto verdi

Obama si è detto ottimista sul futuro della società. "La partnership - ha detto - ha forti possibilità di successo". E poi ha toccato uno dei punti che più gli stanno a cuore: quello della sostenibilità ambientale. Elogiando la casa torinese. "Fiat - ha detto - ha dimostrato di costruire le auto più efficienti a livello di consumi. E grazie al trasferimento di tecnologia, Torino aiuterà Chrysler a produrre auto verdi".

Fiat potrà arrivare al 51% di Chrysler nel 2013

L'alleanza strategica globale tra Fiat e Chrysler avverrà "tramite la cessione accelerata di sostanzialmente tutti i beni di Chrysler a una Newco", che al closing dell'operazione assegnerà a Fiat una quota pari al 20%. Così una nota del gruppo Fiat, che precisa che la casa italiana potrà ottenere un'ulteriore partecipazione del 15% e ha l'opzione di acquistare un ulteriore 16% (esercitabile dal primo gennaio 2013 al 30 giugno 2016). L'a.d. del Lingotto, Sergio Marchionne, ha definito l'operazione "un momento storico per il gruppo e l'industria italiana". "Insieme ai nostri nuovi partner della Chrysler lavoreremo per valorizzare l'enorme potenziale di quest'alleanza" ha detto l'amministratore delegato della Fiat, dopo l'annuncio. "Reintrodurremo sul mercato nordamericano alcuni dei nostri marchi più famosi, inclusa l'Alfa Romeo e la Cinquecento, che ha vinto numerosi premi" . "Il nostro lavoro è appena iniziato", ha aggiunto. (An. Fr.)

30 aprile 2009

 

 

 

Al Lingotto un terzo del cda.

Ecco tutti i dettagli dell'accordo

commenti - |Stampa l'articoloInvia l'articolo | DiminuisciIngrandisci

30 aprile 2009

"La nuova Chrysler sarà gestita da un consiglio di amministrazione composto da nove membri. Tre amministratori saranno nominati da Fiat, uno dei quali dovrá soddisfare i criteri di indipendenza stabiliti dai regolamenti del New York Stock Exchange". Lo precisa l'amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne dopo la firma dell'alleanza con Chrysler. "Veba e il governo canadese -aggiunge- avranno il diritto di nominare un amministratore ciascuno. Inizialmente il Dipartimento del Tesoro statunitense avrá il diritto di nominare quattro amministratori, tre dei quali indipendenti".

La procedura fallimentare

L'alleanza strategica globale tra Fiat e Chrysler sarà fatta attraverso "la cessione accelerata di sostanzialmente tutti i beni di Chrysler a una Newco in base a determinate previsioni della legge fallimentare statunitense (Us Bankruptcy Code)". Lo spiegano in una nota le due case automobilistiche, aggiungendo che "al momento del closing dell'operazione, la Newco assumerà la ragione sociale di Chrysler e diventerà proprietaria di sostanzialmente tutti i beni di Chrysler con l'esclusione di determinati debiti e altre passività".

Torino salirà al 51%della nuova Chrysler

Al closing, aggiungono le due società, "la Newco assegnerà a Fiat una quota equivalente al 20% del capitale e dei diritti di voto, al netto degli effetti diluitivi, e Fiat stipulerà gli accordi industriali con Chrysler. La casa italiana potrà ottenere un'ulteriore partecipazione del 15% e ha l'opzione di acquistare un ulteriore 16% (esercitabile dal primo gennaio 2013 al 30 giugno 2016) salendo così al 51%. La Voluntary employee benefit association (Veba), al momento del closing, riceverà una partecipazione del 55%, al netto degli effetti diluitivi" e questa partecipazione "sarà amministrata dal Dipartimento del Tesoro statunitense". Il Tesoro Usa e il governo canadese possiederanno complessivamente il rimanente 10% del capitale, al netto degli effetti diluitivi. La nuova Chrysler beneficerà inoltre dei nuovi contratti collettivi di lavoro siglati di recente con Uaw e Caw e di un finanziamento da parte del Tesoro Usa di 6,5 miliardi di dollari.

30 aprile 2009

 

 

 

 

2009-04-29

Obama: "Ancora incertezza sulla fusione tra Fiat e Chrysler"

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29 aprile 2009

Il discorso di Barack Obama alla Fox Senior High School di Arnold, Missouri (Afp)

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, non sa ancora se la fusione tra Fiat e Chrysler avrà luogo. Lo ha spiegato lo stesso Obama, auspicando che l'accordo possa essere raggiunto mentre si avvicina la scadenza del negoziato, fissata per domani. Il presidente Usa ha sottolineato che la decisione é nelle mani del settore finanziario. "Nei prossimi uno o due giorni Barack Obama - ha detto il presidente Usa intervenendo a St. Louis in occasione dei suoi primi 100 giorni alla presidenza - Chrysler dovrebbe presentare i suoi piani per una potenziale partnership con Fiat. E il management della casa italiana ha fatto un buon lavoro nel trasformare la sua industria. Speriamo di poter avere una partnership in cui i contribuenti mettano soldi per facilitare l'accordo. L'obiettivo è che Chrysler inizi a produrre auto che i consumatori vogliono".

29 aprile 2009

 

 

 

 

29 aprile 2009

Fiat-Chrysler, per i sindacati

niente scioperi fino al 2015

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L'intesa raggiunta con i sindacati della Chrysler limita notevolmente la possibilità di pressioni da parte dell'Uaw, che si é impegnato a non indire più scioperi almeno fino al 2015. La votazione sull'accordo, già presentato ai 28mila membri dell'organizzazione, é stata indetta da oggi fino a domani sera, quando scade il termine fissato dall'Amministrazione Obama perché siano conclusi tutti gli accordi di ristrutturazione e possa essere così finalizzata l'alleanza con Fiat. Fonti del sindacato hanno commentato che l'accordo "é molto duro, ma non riteniamo che ci fosse altra scelta".

Marchionne scommette sulla bancarotta di Chrysler

Bancarotta "probabile per Chrysler". Questo è al momento, stando a quanto riferito dall'amministratore delegato di Fiat Sergio Marchionne al presidente del sindacato Canadian Auto Workers (Caw), Ken Lewenza, l'epilogo possibile per la più piccola delle case automobilistiche americane. Lewenza riferisce - riporta la stampa americana - che secondo l'ad del Lingotto una bancarotta protetta temporanea negli Usa per Chrysler sarebbe un'ipotesi più che probabile. "Marchionne - afferma Lewenza - è stato prudente e mi ha detto "Ken, molte cose possono accadere in due giorni, ma se fossi uno scommettitore, direi che Chrysler farà ricorso al Chapter 11". Citando Marchionne, Lewenza riferisce: "Potremmo aver bisogno di ricorrervi". L'incontro fra Marchionne, Lewenza e il vice presidente di Chrysler, Tom LaSorda, si è svolto lunedì sera in una bisteccheria di Toronto ed è durato due ore.

L'accordo con i sindacati canadesi

Il Caw ha dato il via libera all'accordo con Chrysler per un più drastico taglio del costo del lavoro: in base all'intesa i circa 8.000 dipendenti della casa automobilistica in Canada ridurranno la propria retribuzione di 19 dollari canadesi l'ora (circa 15,57 dollari americani). Marchionne, riferisce ancora Lewenza, si è detto cosciente dei sacrifici accettati dal sindacato, pur aggiungendo che questi consentiranno agli stabilimenti canadesi di continuare a operare.

 

 

 

 

 

 

 

Opel, Magna punta al 50% con l'appoggio dei sindacati

 

Il gruppo austro-canadese Magna International ha presentato una "prima interessate bozza di piano" per un possibile ingresso nel capitale della Opel. Lo ha detto oggi il ministro dell'Economia, Karl-Theodor zu Guettenberg (Csu), durante una conferenza a Berlino. Il ministro, che ha incontrato questa mattina nella capitale i vertici della Magna, ha confermato che anche la Fiat ha presentato un piano per un possibile investimento nella Opel.

Nel corso di un incontro a Berlino col ministro dell'Economia tedesco, Karl-Theodor zu Guttenberg, il fornitore austro-canadese ha schizzato il suo piano di rilancio dell'azienda automobilistica tedesca. Ed è un piano che non lascia indifferente la Berlino politica, che già nei giorni scorsi aveva fatto trapelare una certa simpatia per Magna. La società ha presentato una bozza di progetto "interessante", ha commentato zu Guttenberg al termine della riunione. Il piano va però adesso completato con dei dati concreti, ha aggiunto, criticando il fatto che finora Gm non ha fornito numeri precisi sulla situazione della sua controllata.

Zu Guttenberg ha evitato comunque di rivelare i dettagli del progetto di Magna. Dettagli che sono arrivati invece dal governatore della Renania-Palatinato, Kurt Beck. In un'intervista al sito del quotidiano Frankfurter Rundschau Beck ha spiegato che il fornitore austro-canadese punta a rilevare oltre il 50% di Opel. In concreto, ha affermato Beck, Magna vuole acquisire direttamente una partecipazione del 19,1%, più ulteriori quote attraverso alcune sue controllate, così da assicurarsi la maggioranza di Opel. Gm, al contrario, manterrebbe una quota di circa il 40%, "o forse del 45%". Si tratta di una "proposta molto interessante", ha commentato Beck, che ne ha discusso al telefono col numero uno di Magna, Siegfried Wolf. Anche secondo il quotidiano canadese Globe and Mail la società dovrebbe acquisire la maggioranza di Opel, in una transazione che lascerebbe a Gm una quota del 45%. L'oligarca russo Oleg Deripaska ha invece smentito, per bocca di un portavoce, di essere interessato ad Opel, come scriveva il Globe and Mail.

Secondo l'Handelsblatt, comunque, nella partita Opel resterebbe anche Fiat. Il Lingotto avrebbe non solo offerto rassicurazioni sui quattro impianti tedeschi dell'azienda, ma si sarebbe detto disposto a costruire in futuro la Punto anche nello stabilimento Opel di Eisenach (in Turingia).

In ogni caso il piano di Magna si differenza in gran parte da quello di Fiat. Si tratta di due progetti "molto diversi", ha puntualizzato oggi zu Guttenberg. I dipendenti di Opel hanno già chiarito di preferire la bozza di Magna. Dopo aver annunciato nei giorni scorsi il suo no a Fiat, il responsabile del consiglio di fabbrica di Opel, Klaus Franz, ha ribadito oggi all'Handelsblatt che le presunte concessioni del Lingotto "non cambiano nulla nella nostra posizione, che resta contraria". Anche il vice cancelliere e ministro degli Esteri, Frank-Walter Steinmeier, ha fatto sapere di aver avuto un'impressione "molto positiva" dopo un colloquio col fornitore austro-canadese.

 

 

 

28 aprile 2009

Magna, il "gigante" poco noto dell'auto

Alla maggioranza delle persone che si apprestano ad acquistare un'auto nuova, probabilmente, il nome "Magna" non dirà moltissimo. Eppure parlare di Magna significa riferirsi a quello che, in senso lato, può essere considerato uno dei colossi mondiali del settore automobilistico. Magna è, infatti, il nome dell'azienda canadese - sede ad Aurora, nell'Ontario -che ha prodotto e continua a produrre la maggioranza delle componenti esterne e interne di modelli di grande successo commercializzati, poi, dalle più grandi e note aziende automobilistiche. La parola Magna, infatti, si traduce anche come il terzo produttore mondiale di componenti per automobili.

L'azienda nacque nel '57 come Multimatic per iniziativa dell'austriaco di nascita Frank Stronach. La società si fuse nel '69 con la Magna Electronics, connubio da cui prese vita nel '73 l'attuale Magna International.

Oggi Magna costruisce le componenti primarie per i tre giganti americani General Motors, Ford e Chrysler, ma tra i principali clienti include anche Vollkswagen, Bmw e Toyota. Modelli come la Jeep Grand Cherokee, il minivan Voyager di Chrysler e il suv X3 di Bmw montano parti meccaniche, interni e sistemi elettronici progettati e assemblati da questo colosso canadese con un fatturato annuo che nel 2007 ha superato i 26 miliardi di dollari e che conta più di 84 mila dipendenti nel mondo, ma anche così poco conosciuto dalla clientela di settore.

 

 

 

 

Il vice della Merkel: "Magna è l'opzione più seria per Opel"

Sembra prendere sempre più quota, in Germania, un possibile ingresso della Magna nel capitale della Opel. Con il passare dei giorni, infatti, sono più numerosi i politici tedeschi che - secondo quanto riporta la stampa nazionale - si schierano a favore del gruppo austro-canadese. L'ultimo, in ordine di tempo, è stato ieri il vice cancelliere e ministro degli Esteri tedesco, Frank-Walter Steinmeier (Spd), secondo il quale "la Magna è un'opzione più seria della Fiat" per la Opel. È questa, riporta infatti nella sua edizione online il quotidiano Financial Times Deutschland (Ftd), la convinzione che circola negli ambienti dell'esponente socialdemocratico candidato alla cancelleria alle prossime politiche. Sembrano preferire la Magna, anche esponenti della Cdu, come il governatore dell'Assia, Roland Koch, il quale ha ribadito questo fine settimana al quotidiano Hamburger Abendblatt la sua contrarietà a un possibile ingresso della Fiat nel capitale della Opel. "Fiat ha problemi simili a quelli della Opel", ha commentato Koch, sottolineando che anche Torino "dovrà ridurre la capacità per sopravvivere". Prima di un'eventuale acquisizione, ha aggiunto, "la Fiat dovrebbe dissipare i dubbi che sarà solo la Opel a pagare". Secondo l'Ftd, intanto, c'è stato un intenso scambio di telefonate tra Steinmeier, il numero uno di Magna-Europa Sigfried Wolf, il consiglio di sorveglianza del gruppo e l'ex cancelliere federale austriaco Franz Vranitzky. E Steinmeier, prosegue il giornale, avrebbe già discusso dell'opzione Magna anche con il collega titolare dell'Economia - Karl-Theodor zu Guettenberg (Csu) - per evitare che questi prenda impegni con altri investitori. Lo stesso Guttenberg (Csu), che dovrebbe incontrare i vertici della Magna all'inizio di questa settimana, aveva detto al settimanale Der Spiegel che la "Magna è un partner potenzialmente interessante. Naturalmente - aveva aggiunto - esamineremo seriamente un (suo possibile) ingresso" nella Opel. Nel frattempo, riporta oggi lo Spiegel online, la Fiat si è impegnata a non chiudere alcun impianto tedesco della Opel nel caso di un possibile acquisto della controllata Gm. Sempre secondo il settimanale, la Fiat avrebbe ha inoltre garantito che un'eventuale fusione con la Opel non erediterebbe l'indebitamento del gruppo. Nel corso del fine settimana il ministro dei Trasporti tedesco, Wolfgang Tiefensee (Spd), aveva detto al domenicale 'Bild am Sonntag' che le attività della Opel in Germania dovranno essere rafforzate da un eventuale investitore nella controllata Gm. "Qualsiasi investitore dovrà rafforzare la Opel Germania - aveva detto il ministro -. Chi vuole chiudere impianti e tagliare posti di lavoro non è un partner adatto per la Opel". Da parte sua lo Spiegel, che attribuisce le indiscrezioni e un non meglio identificato 'insider' a Torino, scrive che non necessariamente la Fiat garantirebbe le attuali capacità degli impianti tedeschi della Opel (Ruesselsheim, Bochum, Eisenach e Kaiserslautern). La Fiat, prosegue il settimanale, sarebbe disposta al compromesso riguardo al nome del possibile nuovo gruppo, che potrebbe chiamarsi FiatOpel oppure OpelFiat.

 

 

 

 

 

 

28 aprile 2009

Fiat-Chrysler, si avvicina l'accordo. Sì dalle banche

Manca ancora ok di tutti i creditori. Elkann: aspettiamo giovedì

Dopo l'accordo con i sindacati Usa, un altro ostacolo all'alleanza Fiat-Chrysler sembra cadere. Il Tesoro Usa ha raggiunto un'intesa di massima con 4 dei maggiori creditori, JPMorgan Chase, Citigroup, Goldman Sachs and Morgan Stanley. In base all'accordo le quattro banche rinunceranno a 6,9 miliardi di dollari di crediti in cambio di due miliardi in contanti. Un altro decisivo passo verso la firma dell'accordo che come ha detto oggi il vicepresidente di Fiat, John Elkann, sarà annunciato molto probabilmente giovedi. Ma il Tesoro deve tuttavia convincere tutti i 46 creditori di Chrysler a fare i sacrifici necessari senza i quali scatterebbe la liquidazione.

Secondo il Washington Post che ha anticipato la notizia dell'intesa con i creditori, l'accordo preliminare per il riassetto di Chrysler prevede che il sindacato dei lavoratori dell'auto, Uaw, diventi il maggiore azionista della società con il 55%, mentre Fiat dovrebbe arrivare fino al 35% e governo e creditori si dividerebbero un altro 10% del capitale del gruppo auto. Ma per avere i dettagli probabilmente bisognerà aspettare giovedì.

"La situazione Chrysler sarà definita proprio giovedì sera (ora italiana) e fino all'ultimo non avremo moltissimi elementi", ha detto Elkann in contatto con il numero uno di Fiat, Sergio Marchionne, ancora negli Usa, tramite sms. "Ci sentiamo soprattutto via sms - ha spiegato - ma come sapete oggi il negoziato è in mano alla task force che risponde al governo Usa e quindi sono loro che stanno facendo una serie di negoziati. Aspettiamo giovedì per vedere cosa viene fuori. Auspichiamoci una soluzione positiva per Chrysler, che è la cosa più importante". "Credo - ha detto ancora Elkann - che dobbiamo essere fiduciosi e rispettare qualunque decisione verrà presa gioved".

Circa il ruolo di Fiat nel caso che per Chrysler il governo Obama scegliesse la strada del Chapter 11, Elkann ha replicato: "Il Chapter 11 ha tante varianti, bisognerà vedere quali sono. Bisognerà avere pazienza fino a giovedì: ciò su cui possiamo essere tranquilli è che il termine è quello".

Perché, il presidente di Exor ne è certo, giovedì il governo Usa "un annuncio lo farà, qualunque esso sia". Elkann ha poi ribadito il "sostegno assoluto" a Marchionne da parte dell'azionista di controllo Exor per gli sforzi che sta compiendo per posizionare Fiat nel contesto di consolidamento del settore auto a livello globale.

Nulla escluso neppure sull'opzione Opel: "C'è interesse di Marchionne a capire cosa succede nel mondo dell'auto e a valutare le opportunità". Oggi inoltre sono stati resi noti i dettagli dell'accordo con il sindacato Uaw siglato ieri e che dovrà ancora essere ratificato dopo essere stato sottoposto al voto dei dipendenti. Probabile che la ratifica arrivi domani.

La maggioranza assoluta del capitale della nuova Chrysler ristrutturata, pari al 55%, sarà in mano al sindacato dei lavoratori dell'auto Uaw, mentre alla Fiat spetterà il 35% e il restante 10% al governo statunitense e ai creditori dell'azienda, prevalentemente banche e hedge fund. Le azioni della società automobilistica statunitense potrebbero poi tornare in borsa mentre il sindacato Uaw avrebbe la facoltà di vendere azioni della propria quota per finanziarie il fondo sanitario aziendale.

Lo schema proposto, infatti, va incontro alla richiesta - dell'amministrazione Obama - contenuta nella stessa bozza di accordo - che prescrive che a partire dal prossimo anno il capitale azionario finanzi almeno il 50% degli impegni del fondo sanitario aziendale.

L'accordo prevede inoltre che i lavoratori in esubero non incasseranno più la maggior parte del loro salario, ma riceveranno dalla società una retribuzione integrativa pari al 50% della loro retribuzione lorda. Intanto i sindacati italiani chiedono garanzie a Fiat soprattutto sul mantenimento della produzione e occupazione in Italia. A creare preoccupazioni sarebbe soprattutto un'eventuale alleanza con la Opel che potrebbe creare sovrapposizioni, anche se parziale visto che la casa in italiana è scoperta in alcune are strategiche come le wagon di segmento C e i monovolume di fascia media

 

 

 

28 aprile 2009

Chrysler: al sindacato la maggioranza delle azioni

di Marco Valsania

New York – Il sindacato United Auto Workers potrebbe diventare l'azionista di maggioranza di una Chrysler ristrutturata e alleata con Fiat: il Wall Street Journal, citando documenti riassuntivi dell'accordo raggiunto tra le union e l'azienda, ha indicato che la Uaw potrebbe ricevere una quota azionaria del 55% nella casa automobilistica. La Fiat potrebbe arrivare a detenere una partecipazione del 35% e il governo statunitense e I creditori del gruppo avrebbero il restante 10 per cento.

I punti chiave dell'intesa sono stati rivelati durante un incontro ei vertici sindacali a Sterling Hieghts in Michigan nella serata di ieri. I leader sindacali hanno raccomandato l'approvazioe da parte degli iscritti durante un voto che dovrebbe avvenire entro domani.

Chrysler emettera' 4,59 miliardi di dollari in titoli del debito da offrire come finanziamento del fondo speciale sanitario per i pensionati (Veba), gestito dal sindacato. Nel fondo versera' inoltre contanti per 300 milioni nel 2010 e nel 2011, con rate suoperiori negli anni successive fino a 823 milioni tra il 2019 e il 2023. Ma il fondo ricevera' anche un "significativo" ammontare di azioni e potra' nominare un rappresentante nel consiglio di amministrazione dell'azienda.

Il sindacato, per aiutare la riorganizzazione di Chrysler e l'alleanza con Fiat, ha accettato drastici tagli dei costi e modifiche del contratto di lavoro: tra questi la sospensione di aumenti legati al costo della vita, nuovi limiti sugli straordinari (che saranno pagati solo dopo 40 ore settimanali) e la rinuncia ad alcuni giorni di vacanza, in particolare il lunedi' di Pasqua nel 2010 e nel 2011. L'obiettivo e' di portare salari e benefit vicini a quelli dei lavoratori non sindacalizzati negli impianti statunitensi dei concorrenti internazionali, a cominciare dalle case giapponesi. Il patto con Fiat, che dovrebbe portare in dote tecnologia stimata in otto miliardi di dollari, a detta dei documenti sindacali creera' "4.000 posti di lavoro sindacalizzati negli Stati Uniti".

L'altra grande casa automobilistica in crisi di Detroit, General Motors, ha a sua volta offerto ieri un ruolo di primo piano nel capitale al sindacato e al governo. Stando ad un nuovo piano di riorganizzazione presentato alla Sec, il governo potrebbe ricevere una quota azionaria superiore al 50% in cambio di nuovi aiuti per 11,6 miliardi di dollari. Governo e sindacato assieme controllerebbero l'89% della società.

 

 

 

 

 

30 marzo 2009

Fiat-Chrysler, un'alleanza nel solco dei fuoristrada

di Mario Cianflone

 

Fiat e Chrysler sono pronte ad allearsi e a formare una galassia di marchi tra le due sponde dell'Atlantico. La casa americana che ha già un matrimonio europeo alle spalle, quello celebrato nel 1988 con Daimler Benz e fallito nel 2007, è dopo Gm la seconda malata - quasi terminale - di Detroit, con una crisi generata da una costante emorragia di vendite dovuta a una gamma composta da modelli di scarso appeal tra le due sponde dell'atlantico e al conseguente dissesto di finanziario, iniziato ben prima dell'attuale crisi economica.

Chrysler Llc controlla, oltre al proprio brand, marchi che hanno fatto la storia dell'auto a stelle e strisce come Dodge, dove spicca la super sportiva Viper, uno dei pochi successo della casa anche in Europa, e soprattutto Jeep. Quest'ultima, icona e sinonimo stesso del concetto di fuoristrada: è un marchio leggenda con modelli di grande e grandissimo successo come Cherokee o Wrangler.

Al gruppo Fiat, la dote Jeep potrebbe fare non poco comodo per espandere, grazie a Jeep, l'offerta in quella che, volenti o nolenti, rappresenta un settore imporante dell'industria dell'automobile: quello dei Suv e dei fuoristrada. Una area di mercato dove il Lingotto esibisce un vuoto pressoché pneumatico visto che schiera solo la Sedici, clone della Suzuki SX e ulteriore figlio del matrimonio fallito con Gm, nonché l'Iveco Campagnola che però è più un veicolo militare e un fuoristrada puro che un Suv. E il mercato chiede, si veda il successo della Nissan Qashqai o della Ford Kuga, sempre più sport utility di taglia urbana e prezzo accessibile come il recente Peugeot 3008.

Fiat invece porterebbe in "dono" alla decotta Chrysler tecnologie evolute nei motori diesel di piccola cubatura, come i MultiJet, e innovazione recenti come il MultiAir, un sistema di gestione delle valvole che permette di ottimizzare il rendimento dei motori a benzina, anche di piccola cilindrata apportando anche un risparmio industriale non indifferente: l'utilizzo di un solo albero di distribuzione anziché due.

Al di là delle singole tecnologie, il gruppo Fiat può contribuire globalmente alla rinascita tecnica del gigante americano che ha in listino molti modelli datati per stile, cifra tecnica e finiture. E Chrysler ha decisamente bisogno di una ventata di innovazione per svecchiarsi con inediti prodotti e nuove idee. Certo non può andare avanti continuando a proporre auto "datate" come la Pt Cruiser.

Inoltre, a Chrysler, anche nel'offerta europea fanno decisamente comodo i poderosi turbodiesel (soprattutto quelli derivati dal 1.910cc che anche Opel utilizza, persino sulla nuova Insignia) visto che per motorizzare la Compass è dovuta ricorrere alla banca degli organi di Volkswagen. La semi-suv americana monta, infatti, una non recentissima unità tedesca con iniettori pompa, derivata da quella delle vecchie Golf/Passat, per intenderci.

Ma anche la Casa Usa, può dare il suo contributo: alcuni modelli di nicchia come la Chrysler 300 C, berlina e wagon, che anche da noi hanno avuto un riscontro positivo, potrebbero contribuire ad ampliare l'offerta del Lingotto che sul fronte delle vetture grandi e di prestigio è deficitaria (schierava fino a poche settimane solo la poco fortunata Thesis, ora scomparsa senza clamore e rimpianti dal listino Lancia). Inoltre sinergie sono possibili anche sul fronte dei grossi monovolume.

L'alleanza potrebbe anche sancire il ritorno di Alfa Romeo negli Stati Uniti grazie a una rete di dealer in grado di supportare le vendite del biscione. Più difficile è invece ipotizzare la commercializzazione di modelli italiani come la 500, decisamente troppo compatta, mentre la Bravo potrebbe fronteggiare vetture piccole, per gli standard Usa, come la Ford Focus, ma si tratta di tipologie di macchine non troppo gradite agli automobilisti americani che prediligono, anche per una questione di corporatura media, vetture ampie e spaziose.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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